Giovedì 18 Aprile 2024

Ucciso in disco, libero il ceceno del calcio fatale

Niccolò Ciatti morì 4 anni fa dopo un pestaggio. Scaduti i termini della carcerazione preventiva. La rabbia della famiglia della vittima

di Stefano Brogioni

Rassoul Bissoultanov, muscoloso figlio di rifugiati ceceni riparati a Strasburgo, una passione per la lotta sfociata nel "Mma" e forte inclinazione alla violenza, declinata fino alla morte. Fu lui che, al culmine di un pestaggio avvenuto la sera del 12 agosto 2017 a Lloret de Mar sferrò il calcio alla testa da cui Niccolò Ciatti, 22 anni, fiorentino di Scandicci, non si rialzerà più.

Ora è libero, nonostante quei video choc, girati da altri ragazzi troppo immobili sulla pista di una discoteca della Rimini della Costa Brava. Colpa della lentezza della giustizia spagnola, che non è riuscita a fissare il processo entro quattro anni dal fatto, termine massimo oltre il quale scadono i termini per la carcerazione preventiva. La data del processo è arrivata ieri. Assieme alla convocazione a Girona per il 26 novembre, la prima di una serie di udienze che verranno concentrate in una settimana fino alla sentenza, anche l’ufficialità di ciò che gli avvocati avevano preventivato. E cioè che, in previsione dello sforamento dei termini, Bissoultanov sarebbe uscito.

È fuori da una settimana, dal 17 giugno. Sarà una libertà parzialmente vigilata: a suo carico c’è infatti l’obbligo di presentazione all’autorità di Girona una volta alla settimana, ma nei restanti giorni ha facoltà di muoversi nella comunità europea.

Una misura troppo blanda per Luigi Ciatti, padre che da quel giorno non chiede altro che giustizia, assillato dal timore che l’imputato faccia perdere le sue tracce. "Mi risulta che in Spagna non possa essere processato in contumacia", lancia l’allarme. Se non si presentasse, rischia di saltare tutto. Un’ulteriore aggravante per la magistratura spagnola, che non è riuscita a organizzare il processo quando Bissoultanov era detenuto, circostanza che avrebbe escluso tale rischio. "Era già tutto scritto – commenta amaro – è andato tutto come da copione, come gli spagnoli hanno voluto fare". Si mormora di un processo scomodo, di cattiva pubblicità da evitare a quella riviera scintillante, nei mesi del turismo e del ritorno delle masse, e forse di pressioni dell’associazione dei locali da ballo, parte civile nel procedimento ma, secondo la famiglia, responsabile per una sicurezza che non è stata in grado di fermare il pestaggio al centro della pista del ’St Trop’.

Del caso di Niccolò si è parlato anche durante l’incontro bilaterale tra Italia e Spagna: "Che ci sia stato un interesse è un bene, ma non so a cosa abbia potuto portare", dichiara ancora il padre. La famiglia lotta contro la pachidermica burocrazia iberica da 4 anni. Nell’estate 2019 ha ottenuto che non venisse archiviata la posizione del secondo ceceno sotto accusa, Mosvar Magomadov, ’spalla’ del principale imputato. Ma la giustizia, non solo per colpa del Covid, è per ora assai lontana.