Martedì 23 Aprile 2024

Ucciso a caccia, l’agonia in diretta. Abbiamo visto le immagini choc

I 17 interminabili minuti ripresi dalla telecamera GoPro. La vittima: "Piero, so’ morto". L’indagato non chiama aiuto

Davide Pampiano

Davide Pampiano

Assisi (Perugia), 1 marzo 2023 - La morte in diretta. Diciassette minuti, qualcosa meno, a guardare per intero il filmato della telecamera GoPro accesa e calzata sul cappellino per documentare la caccia abusiva al cinghiale che invece ha registrato l’agghiacciante trapasso di Davide Piampiano, 24 anni, calciatore del Viole, dj per passione, morto ammazzato l’11 gennaio al Fosso delle Carceri, Assisi, per mano dell’uomo che chiamava papà. Il ‘biondo’ Piero Fabbri, 55 anni, ha prima sparato ("Ndo t’ho preso?", "Pensavo che era il cinghiale, non me dici niente"), poi ha cercato di cancellare le prove, anche scaricando l’arma dell’amico così che non potesse emergere la verità, senza mai chiamare l’ambulanza e simulando che al ragazzo era "partita una botta". Mentre Davide, agonizzante a terra, si spegneva implorando aiuto. "So' morto Piè, so’ morto", ripete all’infinito. E la GoPro a registrare ogni attimo, ogni rantolo fino a quando il respiro di Davide si ammutolisce. Un filmato difficile da vedere, figurarsi da raccontare. Qn ha potuto visionare il documento che fa parte del fascicolo d’inchiesta, a carico del muratore, trasferito da Perugia a Firenze per competenza (la madre di Davide Catia Roscini è giudice onorario a Spoleto, ndr). Lei no, il video di suo figlio a terra per un tempo infinito senza soccorsi, non l’ha mai guardato. Ha letto la trascrizione e chiede che intorno alla morte di David venga fatta chiarezza. "Non spetta a noi la qualificazione giuridica ma la verità su quello che è accaduto sì e del racconto di Fabbri non mi fido più", dice Catia Roscini.

Ma andiamo con ordine. Sono le 17.10 dell’11 gennaio. Il dato è certo: la GoPro riprende Davide che guarda il telefonino, lo tiene sulla destra, sull’altra una radio portatile rossa. Al minuto 3.30 si sente il colpo, il tonfo, la microcamera che inquadra il cielo. Davide urla. "Piero, Piero, so’ morto". Venti secondi dopo la voce di Fabbri: "Dove t’ho chiappato, fa vedè?". Le vegetazione è fitta, il buio prende il sopravvento. Quattro minuti agghiaccianti. Davide si lamenta: il colpo di un fucile a pallettoni l’ha raggiunto all’altezza dello sterno – dirà il medico legale – e gli ha devastato il fegato, morte certa. Ma questo Fabbri non può saperlo. Lo esorta ad alzarsi, nonostante i gemiti: lamenti insopportabili. Al minuto 7.48 Fabbri chiama un amico: "Alessà corre, che è partita una botta da Davide". Meno di un minuto dopo il rumore di un’arma che viene scarrellata. Emergerà poi che Piero ha scaricato il fucile di Davide. Secondo l’iniziale accusa per confondere le acque ed evitare che si scoprisse che i colpi erano tutti in canna. Fabbri è agitato ("Che abbiamo combinato"). Quattro minuti dopo Davide perde conoscenza. "Apri gli occhi, dai" e il suono di ’buffetti’. Al quindicesimo la menzogna al telefono: "E’ un incidente, stava a caccia’ e gli è partita una botta". Due minuti ancora, la GoPro si scarica.

Prima la procura di Perugia, diretta da Raffaele Cantone, aveva chiesto e ottenuto dal gip Piercarlo Frabotta l’arresto di Fabbri contestando l’omicidio volontario con il dolo eventuale per non aver ‘protetto’ la vita di Davide pur essendo in una posizione di garanzia, un caso per i magistrati analogo a quello di Marco Vannini ("Ciontoli evitò consapevolmente e reiteratamente di osservare l’unica possibile condotta doverosa imposta dal ferimento, ovvero l’immediata chiamata dei soccorsi"). Poi il trasferimento a Firenze che ha riqualificato il fatto in omicidio colposo e scarcerato Fabbri pronto a patteggiare. "Ero certo che si trattasse di un animale", la finale giustificazione ai pm di Fabbri (difeso dall’avvocato Luca Maori). Per l’avvocato della famiglia, Franco Matarangolo che ha affidato la consulenza balistica a Emilio Galeazzi ci sono tanti lati oscuri: il giaccone di Fabbri, il fucile utilizzato e trovato a casa, la qualificazione del reato. "A Fabbri non è stata contestata nemmeno l’omissione di soccorso".