Uccisi nella foresta l’ambasciatore e la scorta Portavano gli aiuti Onu alle scuole in Congo

Un carabiniere di 30 anni è morto sul colpo, il diplomatico Luca Attanasio, 43, si è spento in ospedale a Goma. Salvo un terzo connazionale

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di Alessandro Farruggia

Sangue italiano nel cuore dell’Africa. L’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo Luca Attanasio, 43 anni, nato a Saronno (Varese) e il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci, 30 anni di Sonnino (Latina), sono stati uccisi con il loro autista congolese, Mustapha Milambo, mentre su un mezzo del Wold Food Programme (Wfp) stavano recandosi da Goma capoluogo della regione orientale del Kivu, a Rutshuru, dove il diplomatico italiano avrebbe dovuto visitare un programma di distribuzione di cibo nelle scuole condotto dall’agenzia dell’Onu. Sul convoglio c’era anche un terzo italiano, Rocco Leone, vicedirettore del Wfp in Congo, che nell’attacco è riuscito a sottrarsi, ha qualche contusione, ma è libero e sta bene. "L’Italia è in lutto", ha affermato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "Profondo cordoglio" è stato espresso dal presidente del Consiglio, Mario Draghi. Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, si è detta "sconvolta dall’attacco" e vicina alle famiglie delle vittime e all’Italia. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è "pronto a riferire in Parlamento".

La dinamica, secondo fonti locali, è la seguente. "Alle 9 del mattino ora locale – ricostruisce Aristide Bulakali, capo di gabinetto del ministero dell’Interno congolese – un convoglio del Wfp, composto da due auto e diretto a Rutshuru, è stato bloccato nei pressi di Kanyamahoro, da parte di elementi dell’Fdlr, le Forze Democratiche per la liberazione del Ruanda", ribelli Hutu che hanno commesso una lunga lista di atrocità. Anche secondo fonti occidentali la pista jihadista (che pure si era affacciata) ha perso forza rispetto a quella di un tentativo di rapimento per riscatto da parte una di milizia Hutu. "L’agguato – conferma il governatore del nord Kivu, Carly Nzanzu Kasivita – è stato molto probabilmente condotto da miliziani dell’Fdlr sulla strada che da Goma porta a Beni. Si sono appostati, hanno messo dei massi sulla strada per fermare il convoglio e hanno aperto il fuoco, colpendo le due vetture". Un autista del Wfp, Mustapha Milambo, è morto sul colpo mentre Leone riusciva a nascondersi e gli altri sei occupanti delle due auto sono stati costretti a seguire nella foresta gli assalitori "sei persone che tra loro parlavano Kinyarwanda (la lingua parlata in Ruanda e nel Kivu) ma agli altri si rivolgevano in swahili". Poco lontano c’era una caserma dei ranger Iccn del parco nazionale Virunga, che sono stati allertati dalla gente del posto e sono interventi con l’ausilio di uomini dell’esercito congolese e sono riusciti a intercettare poco lontano il gruppo in fuga. "Ne è seguito uno scontro a fuoco – racconta il governatore – nel quale i miliziani hanno sparato anche contro gli ostaggi. Il carabiniere è morto sul colpo mentre l’ambasciatore, racconta Bulakali "è stato colpito all’addome ed è stato subito soccorso dai ranger che con un pickup lo hanno portato a Goma all’ospedale delle Nazioni Unite dove è morto alcune ore più tardi". I sei assalitori si sono nel frattempo dati alla fuga nella foresta, portando con sé quattro persone, una delle quali, ferita, è stata poi abbandonata e ritrovata dai soldati congolesi.

Il Nord Kivu è una zona devastata dagli scontri tra milizie ed esercito e dall’attività di gruppi criminali di contrabbandieri. Dall’aprile 2017 a oggi si sono registrati 1.875 morti e 750 rapimenti per riscatto. Negli ultimi 3 mesi, i rapimenti sono stati 61 e 110 le uccisioni. Un inferno nel quale si viene rapiti per un riscatto di 20-30 mila dollari. L’estrema pericolosità del Congo era ben nota all’ambasciatore Attanasio e alla Farnesina, che avevano deciso di acquistare una auto blindata per la sede diplomatica, che sarebbe però dovuta arrivare a marzo. Da parte loro i congolesi dicono che non sapevano delle missione e per questo non hanno fornito una scorta. "I servizi di sicurezza e le autorità provinciali – sostiene il ministero dell’Interno congolese – non hanno potuto né assicurare misure particolari di sicurezza del convoglio, né accorrere in aiuto, in mancanza d’informazioni sulla sua presenza in questa parte del paese nota come instabile e in preda a certi gruppi armati ribelli, nazionali e stranieri". Il Wfp sostiene invece di aver informato chi di dovere, come da prassi. Sta di fatto che il convoglio era solo, una preda ghiotta per i predoni e le milizie che infestano il nord Kivu.