Martedì 23 Aprile 2024

Uccise Pamela, ma può evitare l’ergastolo

Nuovo processo per il nigeriano, ma solo per la violenza sessuale: rischio di una riduzione della pena. La mamma della ragazza: altro supplizio

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di Paola Pagnanelli

Processo di appello bis per Innocent Oseghale, condannato all’ergastolo in primo e secondo grado per l’omicidio della 18enne romana Pamela Mastropietro. Lo ha deciso ieri la Corte di Cassazione, annullando con rinvio la sentenza ma solamente per l’aggravante della violenza sessuale. Sarà la corte d’appello di Perugia ora a rivalutare questo aspetto, da cui dipende il calcolo della pena finale, che potrebbe non essere più l’ergastolo. La decisione che amareggiato i familiari della ragazza, in particolare la mamma, Alessandra Verni: "Da quattro anni aspetto giustizia" ha esclamato nel piazzale davanti alla Cassazione. Pamela Mastropietro era in una comunità per curare un disturbo psichiatrico e la tossicodipendenza. Ma si allontanò dalla struttura e arrivò a Macerata. Qui incontrò il nigeriano Innocent Oseghale, che le rimediò l’eroina e la accolse in casa. Il 31 gennaio del 2018 il corpo della ragazza, dissanguato, candeggiato e fatto a pezzi, fu trovato in due trolley abbandonati sul bordo di una strada di periferia. Le indagini dei carabinieri portarono subito a Oseghale, che dopo varie versioni ammise di averla fatta a pezzi, dicendo però che Pamela era morta di overdose. Le analisi medico legali e tossicologiche accertarono che la morte era stata causata da due coltellate ricevute al fianco. Per la procura, la ragazza in casa di Oseghale aveva subito una violenza, e quando si era ribellata era stata uccisa. Questa ricostruzione ha convinto la corte d’assise di Macerata e poi in appello quella di Ancona, che hanno condannato all’ergastolo Oseghale. Ma ieri la Cassazione ha condiviso alcuni dubbi sollevati dai difensori dell’imputato. Gli avvocati Umberto Gramenzi e Simone Matraxia hanno contestato alcuni punti della ricostruzione dell’ipoteca violenza. Tra questi, il fatto che la ragazza, fuggita dalla comunità aveva avuto rapporti con altri due uomini, e in quei casi si era parlato di rapporti consensuali. Gli atti vanno dunque ora alla corte d’appello di Perugia per chiarire questo aspetto, determinante per la condanna all’ergastolo. Senza l’aggravante della violenza, Oseghale potrebbe avere una pena inferiore. "Per la famiglia è un nuovo supplizio – ha commentato l’avvocato Marco Verni, legale dei genitori e zio di Pamela –. Se all’inizio si fosse approfondito l’aspetto della patologia psichiatrica di Pamela, non saremmo arrivati a questo. Noi comunque, pur rispettando la decisione della Corte, siamo convinti che sia stata violentata. Sebbene amareggiati, ci conforta che sia stato stabilito che Pamela non è morta di overdose ma è stata uccisa. Il processo a Perugia poi sarà l’occasione per valutare meglio la questione della violenza e le responsabilità di tutti".