Uccise la moglie nel 2009, è in semilibertà La madre di lei: "Questa non è giustizia"

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Tredici anni dopo aver ucciso la moglie, e per questo ricevuto una condanna definitiva a 19 anni e quattro mesi di carcere, ottiene la semilibertà, venendo affidato in prova ai servizi sociali. E attraverso i propri avvocati scrive ai genitori della donna e ‘offre’ 50 euro al mese "in ottica di manifestazione della volontà di avvicinamento ad un’ipotesi di mediazione penale", ovvero una sorta di riavvicinamento tra le parti. Lui è Marco Manzini (foto a destra), perito elettronico di Sassuolo (Modena), oggi 48enne, che nel 2009 ha ucciso Giulia Galiotto (foto sopra), modenese all’epoca trentenne. L’uomo in una sera del febbraio di 13 anni fa fissò un appuntamento con la moglie nella casa dei genitori di lui, a San Michele dei Mucchietti, frazione di Sassuolo; al culmine di una lite, l’ennesima, l’omicidio: Galiotto venne colpita al capo con una pietra, nel garage della casa. Manzini gettò poi il corpo della giovane nel fiume Secchia, tentativo di inscenare un suicidio e per fare ciò scrisse anche un biglietto d’addio, facendolo passare come opera della moglie per confermare il gesto estremo.

Della semilibertà concessa al 48enne i genitori di Giulia hanno saputo attraverso la missiva inviata dai suoi legali dove si propone, appunto, il versamento di 600 euro l’anno. Giovanna Ferrari, madre di Giulia, che dal giorno dell’omicidio della figlia sta conducendo una personale battaglia sul tema dei femminicidi ha commentato con parole dure la concessione della semilibertà a Manzini, in una vicenda in cui lei stessa si è più volte espressa contro la giustizia che non ha riconosciuto la premeditazione dell’omicidio e che già ha anticipato il fine pena del 48enne al 2025 anziché al 2028 per la buona condotta. "Noi non accettiamo alcuna mediazione – le parole di Ferrari –, se Manzini mi vuole incontrare lo faccia per dirmi la verità e non le frottole che ha raccontato in tribunale".