
Oleksandr Malaiko, padre di Yana, stringe la mano alla pm, Lucia Lombardo
"Grazie per il vostro sostegno e il vostro calore. Grazie Italia. A quanto pare per avere giustizia occorre essere nati in Italia. Per gli stranieri la giustizia non esiste. In Italia ogni donna deve sapere che non è sicura. Ogni uomo violento sa che può uscire, uccidere e tornare libero dopo sei, sette, otto anni. Purtroppo la giustizia in Italia non esiste".
Dopo la lettura della sentenza della Corte d’Assise di Mantova, esplode tutta la rabbia dolorosa, aspra, di Oleksandr Malaiko, il padre di Yana. È caduta l’aggravante della premeditazione. Non è stato ergastolo come aveva richiesto il pubblico ministero Lucia Lombardo. Dumitru Stratan, moldavo, 36 anni, è stato condannato a vent’anni di reclusione per l’omicidio volontario dell’ex fidanzata Yana Malaiko, 23enne ucraina, e occultamento del suo cadavere. In sede di udienza preliminare Stratan aveva chiesto il giudizio abbreviato, precluso però dalla premeditazione. Una volta esclusa quest’ultima, i giudici hanno deciso di applicare la riduzione di un terzo prevista dall’abbreviato e partendo da una pena base di trent’anni sono arrivati alla condanna a vent’anni.
I giudici hanno disposto una provvisionale di 300mila euro a testa per i genitori di Yana, di 100mila per la nonna Larissa, di 50 mila per il nonno Giovanni. Espiata la pena, Stratan verrà espulso dal territorio nazionale. Oleksandr non accetta. Ai giornalisti riserva parole, roventi, grevi come macigni. "Sono il padre di Yana Malaiko, barbaramente uccisa il 20 gennaio del 2023. Sono passati ventisei mesi di inferno da quando è stata ammazzata mia figlia e io sono morto. Ogni donna in Italia deve sapere una cosa: che non è sicura. Ogni uomo violento sa che potrà uscire, uccidere ed essere libero fra sei, sette, otto anni. Purtroppo la giustizia in Italia non esiste. Voglio ringraziare il popolo italiano, il pubblico ministero, i carabinieri, l’avvocato Murtas, che hanno fatto un lavoro gigantesco. Abbiamo quello che abbiamo. Io non mi fermo. Andremo in secondo grado e combatteremo per mia figlia e per le altre".
Esce il pm Lombardo. Oleksandr le stringe la mano. In strada, due striscioni chiedono, dal mattino, giustizia per Yana. Sconsolato Andrei Cojocaru, l’ultimo compagno della giovane ucraina: "Questa sentenza è un lasciapassare per altri omicidi". L’avvocato Angelo Lino Murtas, parte civile per i genitori e i nonni di Yana, annuncia l’appello: "Eravamo sicurissimi che ci sarebbe stato il riconoscimento della premeditazione. Rimaniamo colpiti che un omicidio così grave sia stato sanzionato con una pena così ridotta".
Era la notte fra il 19 e il 20 gennaio del 2023, a Castiglione delle Stiviere, in un appartamento in un condominio in piazzale Resistenza. Yana era ospitata da Cristina Stratan, sorella di Dumitru. Era stata colpita al viso e al capo e poi compressa all’interno di un trolley che Stratan aveva nascosto nelle campagne, sotto una catasta di legna e fogliame. Quel feretro improvvisato era stato scoperto solo tredici giorni dopo. L’accusa aveva sostenuto che a innescare Dumitru detto Dima, più ancora del fatto di essere stato lasciato, era stata la sua incapacità di sopportare che la compagna si fosse legata di recente a una persona che conosceva. I difensori del moldavo, Domenico Grande Aracri e Gregorio Viscomi, avevano sostenuto la tesi dell’omicidio preterintenzionale.