Uccisa dall’ex a Bologna. La denuncia disperata: "La sua rabbia mi fa paura, aiutatemi"

La donna aveva presentato una querela in luglio. Padovani era ossessionato: pugni contro la porta per gelosia

Alessandra Matteuzzi

Alessandra Matteuzzi

Bologna, 28 agosto 2022 - "Tutte le volte in cui ho accondisceso alle sue richieste è stato per paura di scatenare la sua rabbia". Così Alessandra Matteuzzi spiegava ai carabinieri come le sue giornate fossero oscurate dalla soffocante presenza di Giovanni Padovani, il suo ex. Che la tormentava, perseguitava e obbligava ad "attività degradanti", decreterà il giudice nel convalidare l’arresto e disporre il carcere per l’uomo. Accusato di avere ucciso Alessandra a martellate, con l’aggravante dello stalking.

Stalking iniziato già a inizio anno, ma che la donna solo il 29 luglio scorso aveva trovato la forza di denunciare, anche a fronte di un’escalation di atteggiamenti sempre più aggressivi e ossessivi dell’uomo, con cui si era definitivamente lasciata il 23 luglio dopo un anno di frequentazione intermittente.

Lui, calciatore dilettante in una squadra siciliana e originario di Senigallia, riusciva sempre a farsi trovare a Bologna. Si appostava sotto casa di lei, fuori dal lavoro. Le compariva sul terrazzo, arrampicandosi fino al secondo piano: perciò Sandra, nelle ultime settimane, chiudeva tutte le porte dell’appartamento. "Ho il timore di ritrovarmelo davanti ogni volta che torno a casa o quando apro le finestre", raccontava agli inquirenti.

L’ossessione di Padovani per la donna non conosceva limiti. Al punto di telefonare alle amiche di lei, alle colleghe e in un’occasione pure alla casa di riposo in cui era ricoverata la madre, pur di conoscerne gli spostamenti. Aveva contattato alcuni amici, uomini, di Sandra per chiedere conto dei loro "rapporti". Era riuscito a rubarle di nascosto le password dell’account di Instagram e della mail, a febbraio, modificandogliele e potendo così accedere a tutti i suoi canali di comunicazione; le aveva intimato di non utilizzare più Facebook. "Ho potuto constatare che erano state modificate sia le email che le password abbinate ai miei profili, sostituite con indirizzi di posta elettronica e password riconducibili a Padovani", rivelava Sandra nella denuncia. Il ventiseienne poi le chiedeva conto delle volte in cui lei era online su Whatsapp. Di più: "Ho rilevato che il mio profilo Whatsapp era collegato a un servizio che consente di visualizzare da un altro dispositivo tutti i messaggi da me inviati. Ne ho dedotto che nei giorni in cui era stato da me era riuscito a reperire le mie email e le mie password che avevo memorizzato nel telefono", concludeva Matteuzzi nella querela.

Seppure il ragazzo non fosse mai stato violento con lei prima del tragico, brutale gesto – solo una volta, a maggio, durante una lite le avrebbe dato uno spintone facendola cadere sul letto, mentre si trovavano da lui in Sicilia –, gli accessi d’ira non si facevano certo desiderare. "Anche una semplice foto postata sui social e che inquadrava le mie scarpe appoggiate sul cruscotto dell’auto al rientro da una trasferta di lavoro era stata motivo di una sua scenata. È stato più volte aggressivo nei miei confronti, non ha mai usato violenza fisica, sfogando la sua rabbia, sempre dovuta alla gelosia, con pugni sulla porta". In un caso, siccome lei non aveva risposto in tempo a una sua videochiamata, lui aveva dato di matto buttando a terra bottiglie di birra vuote, due posacenere e delle bottiglie d’acqua. Scatti incontrollati che le avevano fatto paura. Ma prima che la Procura potesse richiedere una misura contro di lui, Padovani l’ha uccisa.

"Al momento non intendiamo rilasciare dichiarazioni sull’operato di Procura e carabinieri: ci saranno tempi e modi per le valutazioni – chiariscono i legali della famiglia di Alessandra, Chiara Rinaldi e Giampiero Barile –. Conosciamo professionalmente il procuratore Amato, è una persona molto attenta anche al lato umano delle inchieste penali".