Alice Scagni uccisa a coltellate. Le minacce social del fratello: dammi i soldi

Lui disoccupato, lei aveva smesso di aiutarlo economicamente. Deliri su Facebook, selfie col coltello e liti. I vicini l’avevano denunciato: aggressivo e molesto. La psichiatra: "C’erano i segnali per ricoverarlo"

Alberto Scagni, 42 anni, e la sorella Alice, 34, il giorno del matrimonio della vittima

Alberto Scagni, 42 anni, e la sorella Alice, 34, il giorno del matrimonio della vittima

 

Caino poteva essere fermato? I segnali d’allarme erano molteplici attorno alla vita di quello che il primo maggio è diventato un killer. Deliri sui social, aggressività coi familiari, uso di alcol e droga e molestie ai vicini di casa. Alla fine, è arrivato anche l’ultimo passo nel vortice di morte in cui era precipitato Caino. Lei è stata trucidata sotto casa, con 17 coltellate, da quel fratello che da mesi chiedeva soldi perché era disoccupato. È morta così Alice Scagni, 34 anni e madre di un bimbo di 14 mesi. Straziata da quel fratello, il 42enne Alberto, che aveva sempre aiutato e sostenuto. La tragedia, epilogo di un’escalation di rapporti tesi, si è consumata la sera del primo maggio a Quinto, quartiere residenziale sul mare di Genova. Alberto, domenica sera si è presentato sotto casa della sorella. Ha aspettato ore in strada e quando lei è scesa con il suo cagnolino le ha urlato chiedendole soldi. I vicini e anche il marito si sono affacciati sentendo le grida, qualcuno è sceso in strada. Non in tempo, però, per fermare lo strazio a cui hanno assistito. Alice è rimasta a terra mentre il fratello, col coltello ancora in mano e i vestiti sporchi di sangue si è allontanato verso il lungomare, là dove poi gli agenti delle volanti lo hanno trovato. Scagni è accusato di omicidio volontario premeditato aggravato.

Gli investigatori delle squadra mobile, guidati dal primo dirigente Stefano Signoretti, in poche ore hanno scandagliato la vita dell’uomo scoprendo il motivo di tanto rancore. Negli ultimi mesi, è emerso leggendo i suoi post sui social, stava covando un odio nei confronti della sua famiglia per quell’aiuto economico negato negli ultimi tempi, ma anche una forma di mania persecutoria, forse legata all’uso di alcol e droghe leggere. Il 42enne era convinto che qualcuno lo spiasse, tanto che aveva anche fatto bonificare più volte il suo appartamento nella periferia genovese, a Sampierdarena, da eventuali microspie. Un paio di giorni fa aveva pubblicato una sua foto con alle spalle una mazza da baseball e un coltello, con ogni probabilità quello usato per l’omicidio. E ancora, alcuni giorni prima di uccidere la sorella, Scagni avrebbe provato a bruciare la porta di casa della nonna. L’anziana abita nello stesso palazzo del nipote e sarebbe stata lei stessa a indirizzare gli agenti verso il nipote. "Mi aveva chiesto soldi, ma non glieli avevo dati", ha raccontato agli inquirenti. I problemi in quel condominio Scagni li aveva con quasi tutti i vicini. Aveva iniziato a fare piccoli dispetti: incastrava gli stuzzicadenti nel citofono per farlo suonare, faceva rumori in piena notte, accusava i condomini di cose che non avevano mai fatto. Tutti episodi segnalati alle forze dell’ordine. Ma Scagni aveva un solo precedente per guida in stato di ebbrezza: un episodio per cui era stato condannato e per il quale aveva svolto i servizi sociali. Da gennaio aveva iniziato a pressare la sorella mandandole continui messaggi sui social. "Non conoscendo i contorni precisi, non posso esprimermi sul singolo caso – spiega Liliana Dell’Osso, direttore della Clinica psichiatrica dell’università di Pisa –. Dalla ricostruzione c’erano molti campanelli d’allarme che avrebbero richiesto un ricovero. La bonifica della casa dalle microspie evidenzia un contesto psicotico con deliri persecutori".