Reggio Emilia. "Tutto bene, sto andando a casa". Gli ultimi istanti in vita di Cecilia

La telefonata all’amico poco prima dell’aggressione mortale. L’autopsia per capire se è stata anche violentata

La foto postata da Cecilia sui social che hanno armato la mano di Mirko Genco

La foto postata da Cecilia sui social che hanno armato la mano di Mirko Genco

Un’ultima telefonata, per capire se Juana Cecilia Hazana Loayza stava bene. Uno scrupolo di un amico, l’ultimo che l’ha vista in vita e sorridente prima di scoprire, la mattina dopo, che il suo stalker l’aveva ammazzata. Nel fascicolo che i carabinieri hanno in mano sulla morte della trentaquattrenne peruviana, c’è anche questo: la deposizione di un amico di Cecilia, lo stesso che l’aveva prelevata sotto casa per poi portarla in un locale in via Guasco a Reggio Emilia, dove passare una serata tra amici. Lì, a pochi passi, c’è un secondo pub, dove lui e lei si erano spostati attorno alle 2 del mattino per concludere la serata. Ma è bastato assentarsi un attimo per non vederla più. Dopo essere andato al bagno, il ragazzo è uscito e non l’ha più vista. E così si è preoccupato, anche alla luce dei racconti che lei aveva fatto al tavolo durante la serata. "C’è uno stalker che mi perseguita", diceva infatti mostrando il cellulare che squillava ossessivamente.

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Reggio Emilia: il solito locale, i miei amici e lei. Vi racconto le ultime ore di Cecilia

Così l’amico ha subito cercato di contattarla. Una, due, tre chiamate. Alla terza finalmente ha risposto: "Sto bene, tranquillo. Sto tornando a casa". Tutto qui, poche parole che non avrebbero potuto far pensare a nulla di ciò che realmente stava accadendo. Perché nel frattempo Mirko Genco, 24enne di Parma reo confesso, si era spostato in centro a Reggio dopo aver visto una foto postata sui social (quella che mostriamo sopra). Quello scatto sorridente, fatto con cinque ragazzi conosciuti quella sera, ha fatto scattare la furia omicida. Una goccia che ha fatto traboccare un vaso stracolmo di odio e perversione per Cecilia. Durante la serata lui l’aveva chiamata continuamente, poi le aveva mandato anche un messaggio vocale, dove le chiedeva di vedersi quella sera.

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Al tavolo c’era anche un avvocato, che subito le aveva consigliato di bloccarlo e le aveva proposto di scrivere una denuncia fatta bene, pro bono, per liberarsene grazie al cosiddetto ’Codice Rosso’. Ma Cecilia era una ragazza coraggiosa, che nei mesi precedenti era già andata da sola a presentare ben tre denunce. Mirko Genco aveva appenna patteggiato 2 anni, ’pena sospesa’. Che poi significa: sei libero. Quella libertà che gli ha permesso di tornare a perseguitare la 34enne.

Da quel momento in cui è sparita, alla mattina quando è stato trovato il corpo, c’è soltanto il racconto di lui, il killer, che ieri è stato immediatamente portato in caserma a Reggio per sottoporlo a un interrogatorio. Non ha negato nulla, anzi ha raccontato lui di quella foto che avrebbe fatto scattare la voglia di vederla la stessa sera. Ha detto di averla raggiunta in un locale messicano in centro e poi di averla accompagnata a casa a piedi. Il palazzo dove Cecilia vive assieme al figlio di un anno e mezzo e alla madre è a circa un quarto d’ora a piedi da quel locale. Nel frattempo i due avrebbero parlato, fino a quando Cecilia gli avrebbe detto qualcosa che lui non poteva sopportare. E così, a due passi da casa, Mirko Genco l’ha aggredita, prima tentando di strangolarla. E poi, quando lei era a terra priva di sensi, le avrebbe preso le chiavi di casa per salire e prendere un coltello, con cui poi l’avrebbe uccisa.

Ma emerge un altro particolare inquietante in questa tragedia annunciata. La procura infatti ha disposto un esame autoptico sulla ragazza per domani. Il sospetto è che Genco abbia anche tentato di violentare la trentaquattrenne, prima di ucciderla. Bisognerà aspettare il risultato dell’autopsia, disposta dal pm Maria Rita Pantani, per capire se effettivamente ci sia stato anche un tentativo di stupro.

Una certezza, invece, è che Genco sia stato protagonista anche di un’altra aggressione, rivolta contro la mamma di Cecilia, arrivata da pochi mesi in Italia. In quell’occasione la donna venne aggredita dal ventiquattrenne mentre aveva il nipotino in mano. Ed entrambi erano caduti. Anche questa vicenda era nota, ma non è bastato per salvare Cecilia.