Sabato 20 Aprile 2024

Tutti volevano politicizzarlo “Povera patria“

Matteo

Massi

La sintesi perfetta del rapporto tra Franco Battiato e la politica sta tutta in Gommalacca (1998) e in una canzone in particolare: “Il ballo del potere“. "Ti muovi sulla destra, poi sulla sinistra, resti immobile sul centro, provi a fare un giro su te stesso". Non era ancora tempo di girotondi e Battiato aveva più in testa il filosofo Carlos Castaneda che la politica nostrana. Ma quella canzone sembra davvero tagliata su misura sul Maestro. Impolitico per scelta, ma lambito, come spesso accade in Italia, dalle opposte tifoserie dei partiti che si scatenano per fare campagna acquisti e accaparrarsi (presunti) riferimenti culturali. E così, quando Battiato indugiava sul misticismo islamico e perfino sull’esoterismo, veniva preso come punto di riferimento dalla destra utopica: per non dire del Fronte della Gioventù che entusiasta cantava “L’era del cinghiale bianco“. E quando invece, da semisconosciuto o quasi incideva lo sperimentale “Pollution“ (concept album contro l’inquinamento) e andava a cantare al Festival di Re Nudo (con scarsa fortuna e annessi fischi), tra hippies e militanti di Lotta Continua, veniva considerato invece di sinistra. La sua “Centro di gravità permanente“ poi, ha aperto per anni il meeting di Comunione & Liberazione.

Tutti a prendere un pezzettino di Battiato, a citarlo a proprio piacimento, a incasellarlo in un’appartenenza che non gli apparteneva. Come d’altronde dimostrano i tweet dei nostri politici ieri. Il massimo si raggiunse nel 1991. Un anno dopo Mani Pulite travolgerà l’Italia. Lui canta “Povera patria“. Esulta la destra, perché usa la parola patria, esulta la sinistra, perché denuncia il consociativismo. Battiato ci provò anche con la politica. Crocetta lo chiamò a fare l’assessore in Sicilia, finì malissimo con il discorso che fece al Parlamento Europeo ("Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa") messo all’indice da destra e da sinistra. In fondo, con termini meno aulici, non diceva cose così diverse da quelle cantate in “Povera Patria“. Si giustificò. Ma ormai era troppo tardi.