Venerdì 19 Aprile 2024

Tutti imputati per il digitale che arranca

Massimo

Donelli

Politici, imprenditori, banchieri, giornalisti. Tutti imputati. L’accusa? Aver trascurato la digitalizzazione del Paese. Prima di parlare di smart working, infatti, bisognerebbe vedere come sono conciati gli uffici pubblici; quali dotazioni informatiche personali hanno i dipendenti; su quale collegamento da casa possono contare. E, prima di raccomandare il 75% di insegnamento a distanza, bisognerebbe ricordarsi che le scuole non hanno connessioni internet condivisibili; e, tantomeno, reti intranet in cui docenti e studenti possano parlare senza che la linea cada; con i più poveri incollati, per ore, all’unico schermo disponibile: quello dello smartphone.

Se le cose stanno così, la colpa, appunto, è condivisa. Per esempio, gli industriali possono ignorare il ruolo sociale dell’impresa e non contribuire allo sviluppo digitale? Come si compete senza nuove energie giovani? Ed è forse possibile che scuola e università formino i talenti se da una parte sono inaccessibili e dall’altra risultano off limits per chi non ha una cameretta, un pc e un collegamento come si deve? E le banche, con tutte le loro belle fondazioni? Sanno a chi diede fiducia Amedeo Giannini costruendo Bank of America? Ai poveri. Obbedendo alla corporate social responsibility, non dovrebbero preoccuparsi che in tutte le case ci siano pc e fibra ottica e anticipare i soldi alle famiglie perché provvedano? E i giganti della telefonia (tra gli azionisti c’è Cassa depositi e prestiti, cioè lo Stato italiano)? La politica frena? Si ribellino! Facciano nomi e cognomi. E noi giornalisti? Ci siamo battuti per l’Italia in rete? O siamo corsi dietro al fenomeno mediatico del momento, da Chiara Ferragni a Greta Thunberg? No, la responsabilità non è solo della politica. E ammetterlo, può essere un buon punto di ri-partenza. Poi, si tratta solo di arrotolare le maniche per fare, tutti assieme, sul serio. Chi comincia?