Giovedì 25 Aprile 2024

Tutti a scuola. Ma occhio alle "rime buccali". Il lessico oscuro nell'Italia dei burocrati

La ministra Azzolina è l’ultima ad affondare nel gorgo della comunicazione pubblica. Almeno 7mila parole astruse da eliminare

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Don Abbondio sa sempre come cavarsela. Aggiornato, riveduto e corretto con le nuove istruzioni per l’uso della scuola, il vecchio curato di campagna giganteggia sul web dei Promessi Congiunti. E ammonisce Renzo: "Mi raccomando giovinotto, osservanza delle linee guida e distanza di un metro dalle rime buccali di quella tua Lucia". Rime buccali, cos’erano costoro? Spiega la Treccani: "La bocca, o rima buccale, comunica con il mondo esterno mediante la rima oris, apertura delimitata dalle labbra (labia oris), a forma di fessura trasversale tra le due guance (buccae)". Niente di poetico, una frase incomprensibile per definire la parte della bocca che si apre, e se resta chiusa, come capita spesso ai ragazzi durante l’interrogazione, che si fa? Ma l’oscura distanza di sicurezza fra gli studenti in classe non è un inedito.

Tanti prima della ministra Azzolina sono affondati nel gorgo della comunicazione pubblica. Anglicismi, veterologismi, latinorum: il campionario del burocratese resiste nel fortino, assediato dai semplificatori. Possibile che non ci sia rimedio a periodi infiniti, subordinate spericolate, formule astratte, bizantinismi e arzigogoli? Restiamo al lessico al tempo del Covid. È un ginepraio districarsi fra "distanziamento sociale, fisico, interpersonale e di cortesia". E andrebbe tradotto "il rischio connesso alle contaminazioni di droplet in relazione alle superfici di contatto". Eh sì che a febbraio la ministra Dadone, titolare della Pubblica amministrazione, aveva arruolato i saggi della Crusca per abbattere l’antilingua delle astrusità nel rapporto Stato-cittadini.

La domanda è sempre la stessa: chi compone questi testi? E perché in tal modo? C’è un’antica casta di scribacchini ministeriali, professionisti del nulla dotati di tecnica sopraffina, che si rifugia nell’oscurità dei termini per due motivi: la propria autodifesa e la rendita di posizione ( sono indispensabile per complicare le cose, nessuno mi sostituirà mai).

È proprio necessario rendere comprensibili con spiegazioni semplici dei concetti che tali non sono? Fior di ministri ci hanno provato. Cassese, nel 1993, varò il Codice di stile per i pubblici funzionari: un vocabolario di 7.050 parole da eliminare. Idea ripresa quattro anni dopo da Bassanini nel suo Manuale di stile. Segue il Decalogo di Frattini del 2002, una direttiva per dialogare con gli italiani. Fino alla ministra Pisano, titolare dell’Innovazione, che ha rilanciato la Guida del 1980 del Grande Difensore della lingua: Tullio De Mauro. I risultati? Modesti. Un mare di flop e due successi: obliterare è diventato timbrare, ritirato dal lavoro è stato sostituito da pensionato. La lista delle mostruosità è ancora lunghissima. Eliminazione per abrogazione, raggiungimento per adempimento, vendita per alienazione, fornire per erogare: ecco i prossimi obiettivi. Assieme ai "diritti irrefragabili, il cui esercizio prescinde dall’adozione di atti permissivi". Quando tutto questo non ci sarà più, festeggeremo scendendo in piazza. O meglio accedendo in piazza. A far tempo dal primo giorno utile dall’emanazione della misura. Espletando un nostro diritto che è anche un dovere. Ma sempre in raccordo con l’autorità costituita, implementando una metodologia che va monitorata preliminarmente.