Giovedì 18 Aprile 2024

Trovano un tesoro e lo restituiscono. La lezione della meglio gioventù

A Macerata un 22enne vede a terra 3mila euro. A Rimini, un migrante inciampa in uno zaino con altri 7mila "Abbiamo pensato a chi li aveva persi, non potevamo tenerli". Storie che sfatano i pregiudizi sui giovani

Migration

La prima parte della nostra storia si svolge nel pittoresco borgo di San Ginesio, nel maceratese. Il paese marchigiano trae il suo nome da un mimo romano che, all’epoca di Diocleziano, andò incontro al martirio perché si rifiutò di prendersi gioco in scena dei sacramenti cristiani. Oggi, a pochi giorni dal supplizio di un insegnante europeo reo di aver creduto semplicemente nella sua missione, il racconto assume anche un significato più profondo, oltre a contribuire a sfatare luoghi comuni troppo spesso figli d’ignoranza e malafede.

Alessio Mazzaferro, un ragazzo di ventidue anni, ha rinvenuto a terra una mazzetta di banconote recante il nome della filiale bancaria che le aveva rilasciate e quello del cliente che le aveva ricevute. Senza esitazione, il giovane ha dato il via alle ricerche che lo hanno portato a restituire i tremila euro ritrovati al loro legittimo proprietario.

Alessio – immaginiamo noi dotato di mascherina e distanziato – si è imbattuto nel gruzzolo smarrito mentre usciva dal bar dove si era appena recato per il caffè mattutino.

Rimini è invece una città che si risveglia col sole e che, al calare dell’autunno, cade in una sorta di letargo. Seguono questo andamento altalenante le esistenze di migliaia di lavoratori impegnati stagionalmente nelle attività turistiche.

Nella capitale romagnola delle vacanze un giovane nordafricano, disoccupato dalla fine dell’estate, inciampa in uno zainetto che, scoprirà poi, è pieno di banconote. Quei soldi consentirebbero al trentunenne di ‘svangare’ l’inverno. Ma l’onestà è più forte dell’egoismo: il giovane immigrato si reca in questura e le autorità riescono a risalire al proprietario del tesoro. Si trattava dell’incasso di alcune serate di lavoro di un ristoratore riminese. Entrambi i protagonisti di queste azioni di semplice onestà hanno resistito all’impulso di appropriarsi di ciò che non apparteneva loro. Per farlo, affermano, è stato sufficiente mettersi nei panni di chi aveva perduto quelle rilevanti somme.

In giorni non facili come quelli che stiamo vivendo, c’è ancora chi è capace di abbandonare sterili egoismi e agire secondo una limpida coscienza. La ricompensa più grande che hanno ricevuto, oltre a quella riconosciuta loro dai proprietari, è proprio quella di un’integrità morale spontanea e per questo ancor più apprezzata: nessuno, se si fossero intascati il maltolto, sarebbe mai riuscito a identificarli. A noi tutti resta l’esempio di quanto sbiaditi siano i luoghi comuni: ragazzi senza ideali, capaci solo di bighellonare nelle loro pericolose notti di movida e immigrati disonesti e fannulloni che rubano il patrio lavoro.

Ecco, benpensanti dalla critica troppo facile: un ragazzo che usciva dal bar e un nordafricano disoccupato, vi hanno appena regalato degli stili di vita perbene sui quali riflettere. Non ci vuole molto per traguardare l’obiettività: basta mettersi nei panni degli altri, esattamente come hanno fatto i protagonisti di queste nostre piccole storie oneste.