Manconi: "Troppi silenzi su donne e Islam. Ma dietro non c’è un calcolo politico"

Luigi Manconi, sociologo, ex senatore: "Ricolfi sbaglia, la sinistra non cerca voti. La battaglia del QN è giusta"

Donne musulmane velate

Donne musulmane velate

"Il relativismo culturale è un gravissimo errore e una catastrofe ideologica. Che, però, non appartiene solo alla sinistra: dare una lettura politicistica allo scarso clamore sollevato dal caso di Saman Abbas è una soluzione di comodo". Luigi Manconi, già docente di sociologia dei fenomeni politici e già presidente della Commissione per la Tutela dei diritti umani del Senato, risponde così a quanti hanno sottolineato il silenzio imbarazzato della politica sul caso della ragazza pachistana di Novellara, rapita e probabilmente uccisa dalla famiglia per essersi sottratta a un matrimonio forzato. Ma prima premette: "L’attenzione che Quotidiano Nazionale riserva e ha riservato a questo gravissimo episodio è giustissima e meritoria".

Manconi, è d’accordo con chi – è la tesi, ad esempio del sociologo Luca Ricolfi – sostiene che la sinistra taccia sul caso Saman poiché punta ai voti dei cittadini di fede islamica?

"Mi sembra una lettura poco meditata e che, addirittura, può risultare troppo comoda. Ricordo che in Italia, su quasi 6 milioni di stranieri regolari, solo una parte ha la cittadinanza italiana e il diritto di voto. Poi, gli orientamenti politici dei musulmani, per come sono stati rilevati finora, sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli dei cittadini italiani. E ricerche condotte in altri Paesi europei segnalano un orientamento di voto dell’elettorato di fede islamica di tipo conservatore. Al di là di questo, attribuire la responsabilità solo alla sinistra sminuisce l’enormità del fatto e rischia di essere assolutorio".

Anche lei, però, ammette che una sottovalutazione della scomparsa di Saman c’è stata...

"Certamente sì, ma non è che da parte della destra ci sia stata un’attenzione maggiore, la distrazione è generalizzata"

Houellebecq nel libro fantapolitico ‘Sottomissione’ ipotizzava una società francese prona all’Islam, non c’è il rischio che il relativismo culturale degeneri e ci chiuda gli occhi di fronte a drammi come quello di Saman?

"Guardi che il relativismo culturale non è un atteggiamento di rispetto, una mascalzonata sottilmente razzista perché parte dal presupposto che determinati individui, gruppi o etnie non siano meritevoli della tutela dei diritti umani fondamentali. Non possiamo tollerare, in nome di un sistema di valori diverso e di diverse tradizioni culturali, che le adolescenti musulmane siano sottratte al percorso di formazione scolastica in Italia, né che settori di alcune comunità siano indulgenti verso le mutilazioni genitali".

Insomma, diventa un modo per minimizzare...

"È un tema che riguarda la società intera: italiani e stranieri sono ancora molto separati, l’orientamento prevalente è tenere le distanze. Noi italiani ci accontentiamo che gli immigrati non costituiscano una minaccia per la nostra sicurezza: su tutto il resto tendiamo a non interferire. È un gravissimo danno che viene fatto proprio alle componenti più giovani e più libere degli stranieri. C’è una vera e propria lotta di classe in corso".

In che senso?

"In Italia ci sono un milione di giovani di seconda generazione. Di questi, 800mila frequentano il nostro sistema scolastico e sviluppano un percorso di integrazione nella consapevolezza della parità tra i sessi e dei diritti universali della persona. Lottano per questo anche all’interno delle proprie famiglie e si emancipano da tradizioni arcaiche e rivendicano pari opportunità. In passato, anche se si tratta di fatti di eccezionale gravità, non generalizzabili, altre ragazze musulmane sono state vittime dei parenti per essersi ribellate".

Se c’è una cosa che colpisce nel caso di Saman, è che, da ciò che sta emergendo, tutta la famiglia sembra coinvolta...

"Tutta la famiglia, ma non il fratello più piccolo di 16 anni, che pur essendo maschio sembra essersi sottratto a quei valori patriarcali e maschilisti. È esattamente quella la generazione a cui mi riferisco".