Smart working. "Troppi rischi. I lavoratori così si isolano"

"Diversi studi ipotizzano possibili disagi fisici, responsabilità eccessive e impatti negativi su umore, relazioni e tempo libero"

Stefano Biaggi

Stefano Biaggi

Roma, 28 settembre 2020 - Lo smart working prima della pandemia rappresentava "uno strumento occasionale da valutare caso per caso". Anche perché, per i servizi che offre Sodexo Italia, prevalentemente on-site (ristorazione, cleaning, facility management hard & soft) il lavoro da remoto per 10.100 collaboratori che operano in 1.300 punti servizio, esordisce l’ad di Sodexo Italia Stefano Biaggi (nella foto), "non è comunque una soluzione praticabile per la maggior parte delle mansioni, dai cuochi agli addetti alle pulizie".

Ma come vi siete comportati durante il lockdown?

"Nel rispetto delle normative, abbiamo garantito la continuità operativa del nostro headquarter attraverso una forma ibrida di smart working che ha visto la turnazione tra colleghi in ufficio, con la disposizione di tutte le misure di sicurezza previste dalla legge".

Adesso state ancora ricorrendo al lavoro agile?

"Siamo rientrati presso gli uffici, che hanno metrature adeguate, nel rispetto dei corretti comportamenti di igiene e sicurezza e utilizzando i dispositivi di protezione. Come prima dell’emergenza Covid anche oggi valutiamo i singoli casi e richieste specifiche per forme di lavoro flessibile".

Quindi non siete convinti di potenziare lo smart working?

"Crediamo che l’azienda debba impegnarsi in prima linea per un corretto bilanciamento tra vita lavorativa e privata. In generale, la prossimità tra colleghi è fondamentale per poter svolgere il proprio lavoro nel migliore dei modi e per potersi sentire pienamente parte della realtà per cui si lavora. I momenti di scambio e condivisione sul lavoro, la convivialità delle pause e dei pasti, rappresentano occasioni preziose per valorizzare le relazioni tra colleghi e facilitare lo scambio e la collaborazione, influendo in maniera positiva anche sulla qualità del lavoro".

Che riflessi negativi ha lo smart working sull’azienda e sul lavoratore?

"Diversi studi ci dicono che i rischi per i lavoratori sono ad ampio spettro: si va da possibili disagi fisici dovuti a una scorretta seduta nello spazio domestico a un impatto sull’umore e sulle relazioni, su cui incidono isolamento, ambiente di lavoro non consono e difficoltà a separare i momenti di lavoro da quelli di tempo libero. A questo aggiungiamo la responsabilità, che nella giornata di smart ricade sul lavoratore, di nutrirsi in modo adeguato. Disagi questi che possono influenzare la qualità del suo operato, oltre che la qualità della vita".

Sono condivisibili quindi gli allarmi di chi teme che troppo smart working sia un boomerang sull’economia?

"Se la situazione non cambia, il rischio è reale. Ad esempio, la stima di perdita di fatturato formulata dall’Osservatorio della Ristorazione Collettiva e Nutrizione, Oricon è del -40% su un giro d’affari di 6 miliardi e quasi 100mila occupati. Le realtà urbane non moriranno ma si trasformeranno e verranno create nuove occasioni di occupazione, ma mi auguro che il cambiamento vada in una direzione positiva per gli individui, non verso un eccessivo isolamento".