Venerdì 19 Aprile 2024

Morti sotto il treno a Senigallia: la corsa disperata del papà per salvare il figlio

Il 26enne era nel parcheggio sotto casa assieme alla madre: all’improvviso ha scavalcato il muro lungo i binari e la donna ha gridato. Un testimone: scena agghiacciante. Il padre ha provato a fermarlo

Il terno merci fermo sui binari a Senigallia dopo aver travolto Stefano e Claudio Pannacci

Il terno merci fermo sui binari a Senigallia dopo aver travolto Stefano e Claudio Pannacci

Senigallia (Ancona) - "È mio figlio, è mio figlio". Un urlo straziante, il treno che stride sui binari che scorrono vicino alle abitazioni e alle case di villeggiatura di Senigallia, il pianto a dirotto di una donna. Una famiglia distrutta in una manciata di secondi, un attimo di vita che fugge. Anzi, di due vite: quelle di Stefano Pannacci, 63 anni, insegnante di scuola superiore a Perugia, e di suo figlio Claudio, 26 anni, studente. Uccisi a pochi secondi di distanza, travolti a qualche metro l’uno dall’altro da un treno merci partito da Bologna e diretto a Bari.

Il convoglio mercoledì sera, attorno alle 21, viaggiava a distanza contenuta dato l’approssimarsi della stazione di Senigallia. Sui binari il buio. I due macchinisti, poi sentiti dalla Polfer di Ancona, all’altezza del lungomare Mameli si sono trovati improvvisamente davanti la sagoma di Stefano Pannacci: l’uomo, che camminava a lato del binario, è stato colpito con violenza e morto sul colpo nel tentativo di raggiungere disperatamente il figlio Claudio che correva una decina di metri più a sud. Il treno ha continuato la sua corsa, travolgendo e uccidendo anche il ragazzo. Il treno, secondo i rilievi della scientifica, si è fermato a 200 metri dal primo impatto. Il ragazzo è stato dilaniato.

"Ho sentito le grida disperate di una donna", ha riferito una 50enne uscita sul terrazzo della sua abitazione a poca distanza da dov’è avvenuto l’investimento: "Sentivo grida disperate, in un primo momento non sono riuscita a scandire le parole, poi sentivo ‘mio figlio, mio figlio’, ma non riuscivo a capire cosa fosse accaduto". Poco prima il fischio disperato del treno avviato dal macchinista e poi il rumore prodotto dallo slittamento delle ruote sui binari. "Avevo appena finito di cenare quando ho capito cosa fosse accaduto. Mi si è stretto il cuore, non riuscivo nemmeno a parlare. Perdere un figlio così credo sia tremendo".

La casa delle vacanze della famiglia Pannacci è proprio davanti al luogo della tragedia: un condominio di appartamenti solitamente occupati d’estate da chi arriva a Senigallia da fuori regione. Proprio come questa famiglia umbra che da una vita frequentava la spiaggia di velluto. Claudio vive a Perugia insieme alla mamma Gloria, anche lei insegnante. I genitori sono separati: Stefano Pannacci viveva a Valfabbrica, un paese al confine tra l’Umbria e le Marche che ora è nello sconforto. Claudio era un ragazzo problematico: crisi depressive continue, era stato anche seguito dalle strutture sanitarie. Sia a Perugia che in Svezia dove ultimamente viveva per motivi di studio. Ma una persona buona, riflessiva, forse un po’ introversa. "Era diverso dal solito – racconta la commessa di un supermercato che lo aveva visto il pomeriggio della tragedia – diceva che se ne sarebbe voluto andare presto da Senigallia". Per ritornare a Perugia, dove aveva la fidanzata. A casa Pannacci, mercoledì sera sarebbe scoppiato un diverbio proprio perché il ragazzo voleva raggiungere presto la fidanzata a Perugia. Il no dei genitori gli ha fatto scattare in testa una molla imprevista.

Claudio si è arrampicato sul muretto di cinta da cui si accede alla massicciata prima della linea ferroviaria. La mamma era nel parcheggio in macchina. Il papà in casa. L’uomo ha sentito le urla della moglie e si è messo a correre disperatamente per raggiungere il figlio: aveva capito le sue intenzioni.

Il treno stava arrivando. Claudio gli è andato incontro, il papà era distanziato qualche decina di metri. L’ultimo disperato gesto di Stefano Pannacci è stato quello di gettarsi sui binari per tentare l’impossibile. Non ci è riuscito e ha perso la vita anche lui.

"È colpa mia, è colpa mia, è tutta colpa mia" ripeteva ossessivamente la signora Pannacci. Che è voluta restare sul posto nonostante i sanitari del 118 cercassero in ogni modo di portarla via. Nei suoi occhi l’angoscia di due vite care. Sfumate in attimo.