Mercoledì 24 Aprile 2024

Tramonti, calici e tanto narcisismo I social invasi dalle nostre vacanze

Il linguista: "Accanto alle foto di spiagge e cibi parole ridotte al minimo. E spuntano strani hashtag di se stessi"

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di Francesco

Mercadante

Si narra che Alessandro Magno, vedendo Diogene disteso al sole, appartato e beato, si sia recato da lui a dirgli: "Ti darò qualunque cosa tu mi chieda". Il filosofo, senza scomporsi, avrebbe risposto: "Spostati perché mi fai ombra!". Evidentemente, Diogene di Sinope si accontentava di poco; non a caso, si dice pure che il fondatore del cinismo vivesse dentro una botte per dimostrare che certi beni non sono affatto necessari.

Questo aneddoto può sembrare la stramberia di un pensatore eccentrico, come ce ne sono tanti, d’altronde; oppure può diventare un presupposto originale per interpretare il modo in cui gli italiani raccontano l’estate, in specie sui social network, dove il confine tra vita e parole, bisogni e illusioni, molto di frequente, scompare: 41 milioni di italiani su circa 60, infatti, sono costantemente attivi sui social media, cui dedicano almeno due delle sei ore che, ogni giorno, trascorrono su internet. Questi dati provengono dal Digital 2021, report realizzato We Are Social e HootSuite.

E Diogene che c’entra? C’entra, eccome, non perché siamo un popolo di cinici, ma perché, a quanto pare, nel pubblicare le nostre foto di spiagge, prelibatezze e cocktail, abbiamo ridotto ai minimi termini il vocabolario. Dunque, o stiamo vivendo una svolta filosofica o siamo in piena crisi di creatività. In altri termini, il post ricorrente dell’estate in corso ha le seguenti caratteristiche: foto del tramonto accompagnata dal sostantivo “tramonto” rigorosamente in hashtag.

In retorica, la figura che meglio rappresenta questa scelta linguistica ha un nome bruttino: si chiama perissologia. Niente paura! Consiste nella ripetizione inutile e ridondante di un termine che descrive qualcosa di ovvio e deriva dal greco perissòs, che vuol dire superfluo. Incrociando i dati summenzionati con quelli prodotti dal Global Web Index, si può documentare che il tema dominante è costituito non già dal mare, bensì da cibo e cocktail, tant’è che la categoria merceologica del food ha fatto registrare addirittura un +38%.L’incremento può essere stato influenzato, probabilmente, dalle tendenze acquisite durante il lockdown, ma si caratterizza per una resistenza notevole.

Riesaminando gli usi della ‘lingua estiva’, ci accorgiamo che gli italiani sono diventati ‘minimalisti’. Parole e contenuti, però, non sempre sono ben accoppiati e congruenti, soprattutto quando l’utente sente il richiamo dell’hashtag.

Il primato nella classifica degli hashtag, infatti, spetta al termine “estate”, che, con poco meno del 50% delle preferenze, surclassa tutti gli altri.

Seguono “summer” (14%), “mare” (7%), “Italia” (6%), “Italy” (5%), “love” (4%) e così via. In pratica, il fruitore medio crea i significati in modo meccanico, seguendo una sorta di para-vocabolario italo-inglese irreale, cioè non corrispondente ad abitudini linguistiche e competenze acquisite, ma condizionato dall’utopia dell’aggregazione e del consenso. Se alcuni termini, infatti, possono essere considerati prestiti dalla lingua inglese, inglesismi, parole che sono ormai entrate a far parte della nostra parlata e che, spesso, sono insostituibili, altre, invece, sono, come si è già detto, inutili e non servono a creare aggregazione.

La riprova si ha consultando Google Trends, strumento con cui è possibile scoprire quali sono le ricerche effettuate dalle persone. Mentre nei post estivi con cibi, cocktail, spiagge e tramonti si utilizzano parole inglesi, le ricerche, al contrario, sono fatte in italiano. Qualcuno potrebbe obiettare dicendo: "Beh, naturale, un parlante italiano fa le ricerche in italiano!". No, in realtà, se il fine fosse quello dell’aggregazione totale o della condivisione di tendenze, allora, sì, la lingua dovrebbe essere, giocoforza, l’inglese.

È appena il caso di ricordare che l’hashtag è una sorta di vettore tematico e può essere utilizzato per trovare contenuti, non è l’espressione degli stati d’animo del singolo utente.

Eppure, durante l’estate, s’è vista una produzione incontrollata di #lamiaestate, #iobevo, #facaldo et similia. Alcuni mettono in hashtag pure il proprio nome e il proprio cognome. Sono dei novelli Diogene? Una cosa è certa: la foto del piatto di pasta e non più di tre parole, al momento, sono il migliore tra i segni di riconoscimento dell’estate social 2021.