Trama degna di una serie di Netflix

Lorenzo

Castellani

House of cards è una serie di Netflix molto nota in cui si raccontano i sotterfugi della politica americana ispirata ai libri del romanziere inglese Michael Dobbs. Tuttavia, come spesso accade, la realtà supera la fantasia. Nessuno scrittore e nessuno sceneggiatore riuscirebbe a immaginare una trama come quella andata in scena nei giorni scorsi in Italia. L’attore protagonista di questa straordinaria pièce teatrale è Carlo Calenda. Il leader di Azione mostra tutti i problemi della leadership moderna: comunicatore compulsivo, inarrestabile sui social network, emotivo nelle sue esternazioni, iperattivo sul piano politico.

Fa e disfa in continuazione con se stesso al centro della scena. Calenda rientra in una tipologia di politico, di cui fa parte anche Matteo Salvini, che potremmo definire come ‘perenne sovraesposto’. Mentre gli altri sono fermi, negoziano nell’ombra, temporeggiano silenti, il perenne sovraesposto dichiara, sterza, rompe, litiga. Conduce le trattative allo scoperto, va avanti e torna indietro, sigla e sconfessa spesso senza un piano strategico preciso.

È uno stile politico dirompente per se stessi e per gli altri, ma che a ben vedere ha una spiegazione storica. Siamo nell’era della comunicazione pervasiva e dell’inconsistenza dei partiti. Il leaderismo e il narcisismo, che hanno sostituito ideologie e organizzazione, dominano i comportamenti politici. La distruzione del sistema politico della prima repubblica e la consunzione della seconda hanno generato una politica tutta ‘esternalizzata’, soggetta agli umori dei leader, poco incline alla prudenza e alla moderazione. La lezione di Machiavelli e lo stile di Andreotti sono stati sostituiti dai social media manager e dai politici sovraesposti. Ma questo stile arrembante sarà in grado di generare vere leadership, cioè capaci di lasciare qualcosa di duraturo ai posteri? Per ora i danni sono ben più dei lasciti.