Morta la mamma, gravissimo il figlio, distrutto il papà e l’intera comunità. A Lavagno, 8.500 abitanti alle porte di Verona, nessuno si capacita di quanto accaduto venerdì pomeriggio attorno alle 14 e diventato, nel giro di 24 ore, un drammatico caso di cronaca nazionale. Alessandra Spiazzi, 58 anni, impiegata in pensione, al culmine dell’ennesima lite familiare spara un colpo in testa al figlio 15enne, studente liceale, e poi si suicida. Al padre del ragazzo, Luciano Feltre, 60 anni, vigile del fuoco come il padre Aldo e il fratello che vive al piano di sotto, si presenta una scena inimmaginabile. Il figlio riverso in una pozza di sangue ma ancora vivo; la moglie senza vita. I soccorritori del 118 entrano per primi nella cucina dove giacciono i due corpi, constatano che il cuore del ragazzo batte ancora e lo trasportano d’urgenza nel reparto di neurorianimazione dell’ospedale di Borgo Trento, mentre per la madre non c’è più nulla da fare. L’intervento dei soccorritori, davvero velocissimo, batte sul tempo persino l’elicottero del Suem (arrivato subito dopo). Contemporaneamente i carabinieri transennano tutta l’area della villetta a due piani nella frazione di Vago. All’interno lavorano gli uomini della scientifica.
L’inchiesta scagiona ben presto il padre (inizialmente sospettato). La ridda di voci in paese contempla anche l’ipotesi che l’omicida sia il figlio (prima di tentare il suicidio). Non è così. Il figlio è vittima e il padre non c’entra. Non a caso i carabinieri chiariscono che il vigile del fuoco, a lungo interrogato nella caserma di San Martino Buon Albergo, è esclusivamente "persona informata dei fatti". Fatti terribili e impensabili, nonostante i crescenti litigi della mamma col figlio. Quelle urla sentite dai vicini oggi appaiono un presagio inascoltato. La pistola utilizzata era del padre defunto della donna e mai consegnata alle autorità. Quando col buio la salma viene portata via, i vicini mandano baci e applaudono. Così salutano la ’loro’ Alessandra. Una figura benvoluta, impegnata nella locale associazione delle Mamme volonterose. Aveva anche promosso una camminata in paese dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. Un’amica della vittima, iscritta all’associazione, si fa consegnare dai carabinieri il piccolo cane della famiglia per prendersene cura.
Ieri pomeriggio la procura di Verona comunica: "L’ipotesi indiziaria più accreditata è il tentato omicidio del ragazzo compiuto dalla madre" poi suicidatasi. "Non ci sono iscritti nel registro degli indagati". Determinante la prova dello stub a carico della deceduta. "La donna – dettaglia la nota firmata dal procuratore capo Raffaele Tito – da tempo aveva problemi sanitari", di tipo psicologico, ma pare che ultimamente avesse saltato le visite specialistiche e smesso di prendere i farmaci. Con ricadute sottovalutate ed esiti tragici. Il 15enne, bravo a scuola e molto sportivo, lotta tra la vita e la morte. "È sostenuto farmacologicamente e meccanicamente in tutte le funzioni vitali. Arrivato in condizioni cliniche già gravissime, è sottoposto a una terapia di supporto massimale. La prognosi permane riservata", sintetizza asetticamente il bollettino medico. Il sindaco Matteo Vanzan si stringe attorno ai familiari e preannuncia il lutto cittadino.