Giovedì 18 Aprile 2024
CONCITA
Cronaca

Traduce i vicoli in universo È Sorrentino

Concita

Borrelli

È stata la mano di Sorrentino se siamo in nomination agli Oscar come miglior film straniero. Una mano magica quella del nostro regista napoletano se per la seconda volta lo nominano. La prima l’Oscar lo vinse. Era il 2014. E fu la Grande Bellezza intorno al racconto di un’epoca consumata, sfranta, cinica, affollata di domande fondate e risposte non pervenute. E solo la rappresentazione universale di Roma avrebbe potuto attraversare l’oceano. E dall’oceano Sorrentino torna indietro e riparte dal mare che bagna Napoli, la città che “ti ferisce a morte o t’addormenta, o tutt’e due le cose insieme”. E cavalca le onde, pufff, pufff, pufff, l’effetto sonoro prodotto dagli off-shore, e attraversa il dolore irreparabile della morte prematura dei genitori e della sua età prematura.

Sorrentino parla ad Hollywood perché esce dall’open space trasteverino o dal salotto-studio delle case di Monteverde che fanno tanto Sto riflettendo sulle cose del mondo, ma ho gente a cena, i set della gran parte dei registi italiani che non vanno da nessuna parte. Bisogna avere orecchio e ascoltare fantasmi, turbamenti inenarrabili, le bestemmie dell’anima, i rigurgiti, per saper tradurre i vicoli in universo. Bisogna essere intellettuali nell’accezione di persona che fa un percorso individuale ed astraente prima di scendere a terra per parlare a tutti. Lo fu Fellini. Lo fu su tutti Pasolini. Sorrentino lo è, ma apparendo poco, parlando pochissimo in un’epoca affollata di visualizzazioni, noi chiamiamo a sproposito intellettuali alcuni personaggi in vista. Sorrentino è definitivo nella sua astrazione. E anche lì dove ci sfugge stiamo certi che sta toccando corde che ci appartengono e, per ignoranza, non riusciamo a leggere. Con il tempo ci arriveremo, però. Come gli allenamenti di Maradona, fatti con perseveranza, impareremo tutti, visione dopo visione, a riconoscerci nello sguardo di Paolo Sorrentino, partito da Napoli per andare ovunque.