BENEDETTA SALSI
Cronaca

Tradì la figlia e fuggì in Pakistan Caccia alla mamma di Saman "Qualcuno la protegge in patria"

Sparita da oltre 28 mesi, è l’unica imputata del delitto che non è ancora stata catturata. Il marito, estradato, è in carcere a Modena. Il procuratore: "Ora abbiamo più speranze di arrivare a lei".

Tradì la figlia e fuggì in Pakistan  Caccia alla mamma di Saman  "Qualcuno la protegge in patria"
Tradì la figlia e fuggì in Pakistan Caccia alla mamma di Saman "Qualcuno la protegge in patria"

di Benedetta Salsi

Sono immagini in bianco e nero, le ultime che immortalano la 18enne Saman Abbas ancora in vita. Il video è di dieci minuti dopo la mezzanotte del 1° maggio 2021, davanti alla loro casa nelle campagne di Novellara: la 18enne porta i jeans, scarpette da ginnastica, uno zainetto sulle spalle. Cammina vicina alla madre, lei invece in abiti tradizionali, il padre sta due passi indietro. È la donna ad accompagnarla verso il vialetto da cui la ragazza non farà mai più ritorno. In quel buio, stando alle accuse, c’erano ad aspettarla lo zio e i due cugini, che poco dopo l’avrebbero poi uccisa e sepolta sotto due metri di terra per essersi ribellata a un matrimonio combinato con un cugino in Pakistan. Punita per la sua ribellione, per il suo vivere all’occidentale, per la sua voglia di libertà.

Nazia Shaeheen, la madre di Saman, ora è l’unico tassello mancante di questo omicidio brutale. È scappata in Pakistan poche ore dopo il delitto, assieme al marito; ridevano ai controlli della Malpensa, abbassandosi le mascherine. Da allora sono passati 28 mesi e della donna, ufficialmente, si sono perse le tracce. Tra i banchi del tribunale rimbalza, da tempo, la convinzione che sia protetta da parentele influenti nella polizia locale.

Ma adesso che il padre Shabbar Abbas è ritornato in Italia, al culmine di una estradizione definita "storica", all’appello risulta assente soltanto lei. I quattro uomini della famiglia imputati per omicidio, sequestro e soppressione del cadavere della 18enne sono tutti dietro le sbarre: zio e cugini a Reggio Emilia, il padre da poche ore in carcere a Modena. Tutte le energie degli inquirenti dunque sono concentrate su di lei, in una corsa contro il tempo perché possa essere giudicata ’non in contumacia’ (la sentenza del processo davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia potrebbe arrivare a fine ottobre).

"Il quadro cautelare non è completato e continueremo a lavorare perché l’ordinanza venga integralmente eseguita", ha chiosato stretto il procuratore. Tradotto: anche per Nazia resta pendente la richiesta di estradizione, con una ’red notice’ internazionale diramata in tutto il Pakistan, la stessa che ha fatto finire Shabbar in manette. "Continueremo a lavorare in silenzio e sottotraccia", ha concluso Paci. "Ma non molleremo, come non abbiamo mai fatto in questo caso", ha sottolineato il maggiore Maurizio Pallante, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio, tra i primi a occuparsi del caso.

"Con l’estradizione di Shabbar c’è più speranza che ci sia un’accelerazione anche sulla madre, per scardinare quella sub-cultura misogina che le dà protezione. Sono convinto che anche Nazia ora abbia i giorni contati", commenta sicuro Yassine Lafram, presidente dell’Ucoii (Unione comunità islamiche italiane), una delle parti civili nel processo.