Mercoledì 24 Aprile 2024

"Torniamo a respirare l’aria del Boom. I giovani faranno il nuovo miracolo"

Il sociologo Pier Luigi Celli: ho vissuto il dopoguerra, oggi sono ottimista. "L’Italia è vitale e ritroverà lo slancio"

L'Italia del boom economico

L'Italia del boom economico

Dalla Rai all’Olivetti, da Tim alla Luiss: Pier Luigi Celli, classe 1942, imprenditore e manager di rango, sociologo e saggista, è sicuramente uno dei più attenti osservatori della scena economica italiana. Nel 2009, in una lettera aperta, aveva esortato suo figlio a lasciare l’Italia, un Paese senza futuro. Con tanto di reazione dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva risposto piccato: "Non andatevene, l’Italia può crescere". Più o meno quello che ha detto il presidente della Repubblica il 2 giugno scorso, rivolgendosi ai giovani e citando Francesco De Gregori: "La storia siete voi".

Professor Celli, la situazione è cambiata rispetto a 12 anni fa? Scriverebbe oggi quella lettera?

"Intanto era una provocazione di fronte a una situazione di effettivo disagio. Non a caso mio figlio non è mai andato via dall’Italia. Oggi l’Italia è molto diversa anche se, probabilmente, non è migliorata la reale condizione dei giovani".

Il presidente Mattarella ha insistito molto sul parallelismo fra il 1946, quando gli italiani ricostruirono il Paese sulle macerie della guerra e quello che sta succedendo oggi, con la necessità di uscire dalla pandemia. È così?

"Quella del presidente è stata una chiamata alle armi collettiva. Nel 1946 la maggior parte delle famiglie era povera e combatteva per raggiungere il benessere. Il virus, invece, ci ha riportato indietro, dal benessere a una nuova povertà".

L’anno prossimo, però, è previsto un aumento del Pil di quasi 5 punti. Non si vedeva dai tempi del grande Boom economico. Possiamo replicare?

"Sono ottimista. Dobbiamo esserlo perché il nostro Paese ha una enorme vitalità. Bisogna solo fare in modo di assorbire quelle sacche di resistenza culturale e di arretratezza che hanno impedito all’Italia di esprimere tutto il suo potenziale. Il presidente della Repubblica ha voluto scuotere le nostre coscienze, obnubilate e assopite dopo decenni in cui abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità e facendo debito".

Esiste un debito buono e un debito cattivo, come ha spiegato lo stesso Draghi.

"Vero. E noi abbiamo combattuto contro l’austerity quando eravamo in condizioni drammatiche…".

Come era l’Italia degli anni Sessanta? Che cosa abbiamo perso per strada?

"Ho appena pubblicato un romanzo ambientato in quel periodo, La manutenzione dei ricordi. Avevo 25 anni ed eravamo la generazione che voleva cambiare tutto. Certo, passi avanti ce ne sono stati, lo statuto dei lavoratori, la riforma dell’istruzione, le riforme agrarie, la lotta contro le diseguaglianze e le discriminazioni, le battaglie sulla parità di genere. Ma la mia generazione nutre anche il senso di colpa di un Paese che non ha mantenuto tutte le promesse. Non siamo stati all’altezza delle sfide".

Perché? Che cosa non ha funzionato?

"Ci siamo chiusi nel nostro mondo, nel nostro egoismo, abbiamo puntato più al benessere personale che a quello collettivo. Così l’Italia si è fermata, ha perso il suo slancio".

E ora, siamo davvero pronti a fare un nuovo miracolo?

"Dobbiamo evitare ogni forma di retorica. Ma i giovani rappresentano la vera risorsa da mettere in campo per innescare il cambiamento e risalire la china. Attenti, però, a caricarli di troppe responsabilità, a chiedere di fare in tempi brevi tutto quello che non abbiamo fatto nei decenni passati. Il cambiamento, quello vero, non può essere immediato".

Ci salveranno i giovani?

"Se avremo cura dei nostri giovani, se sapremo davvero formarli alle nuove competenze dando loro gli insegnamenti più opportuni, potremo immaginare un nuovo miracolo. Ripeto: sono ottimista".