Torna la ‘ditta’ L’obiettivo è sopravvivere

Sofia

Ventura

interesse per le candidature del Partito democratico rivela il fatto che il Pd è in fondo considerato uno degli ultimi veri e propri partiti. Dove esiste all’interno un confronto, una distribuzione del potere, tutto sommato qualcosa che assomiglia a una vita democratica. Anche per questo la reazione a numerose scelte compiute dalla direzione del Pd è stata particolarmente vivace, nei media e in particolare sui social network.

Personalità note, prevalentemente riformiste, stimate anche al di fuori del loro partito, serie e capaci quando impegnate nella complessa attività parlamentare, con specifiche e reali competenze, sono state punite: o non candidate o candidate in posizioni perdenti. Al tempo stesso, nomi di sempre, facilmente individuabili come rappresentativi dell’apparato, legati alla tradizione oligarchica del Pd, o comunque a potentati dai quali il Pd non può prescindere, sono stati candidati in posizioni considerate sicure. A prescindere dal fatto che negli anni abbiano contribuito a portare il loro partito su strade senza sbocco o che non si siano mai contraddistinti per una visione politica particolare che non fosse adeguarsi ogni volta al corso imperante. Il tutto in assenza di novità di particolare e reale interesse e significato.

Saranno gruppi parlamentari impoveriti di competenze e abilità, quelli del Pd della legislatura entrante. Ma questa è stata la scelta fatta dai vertici, ed è stata fatta, in fondo, in continuità col vecchio modello della ‘ditta’. Ovvero un modello difensivo, perseguito da un gruppo dirigente e un ceto politico, organizzato in feudi, che, prima e dopo l’avventurismo fallimentare di Renzi, ha saputo pensare solo in termini di (propria) sopravvivenza. È altamente probabile che il Pd questa volta sarà destinato all’opposizione. Forse per un tempo non breve. E una opposizione debole non è mai una buona notizia.