Tokyo celebra i 40 anni di Lamù L’età d’oro delle sexy eroine manga

Una linea di lingerie e una serie di locali a tema ispirati alla ragazza dello spazio in bikini tigrato. Tuffo negli anni Ottanta, quando protagoniste forti e seducenti attirarono una generazione

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di Andrea Bonzi

Ti giri a guardare un’altra, e lei ti fulmina. Non con lo sguardo, ma con una scossa elettrica da millemila volt. "Com’è difficile stare al mondo, se non possiamo sbagliare mai", scandiva la sigla italiana della serie cartoon Lamù, la ragazza dello spazio, dando fiato alle proteste di Ataru Moroboshi, consorte suo malgrado della capricciosa aliena con i capelli verdi e i cornini in testa. Sono passati quarant’anni da quando l’anime tratto dal fumetto di Rumiko Takahashi, la regina dei manga, venne trasmesso in Giappone, ma il personaggio resta tra i più popolari. Tanto che saranno aperti a Tokyo e dintorni café a tema dove poter consumare piatti e bevande ispirate all’universo di Lamù. E un brand di intimo ha lanciato una collezione di lingerie fatta di bikini tigrati, la “divisa d’ordinanza“ della nostra eroina.

La trama è presto detta: gli Oni arrivano dallo spazio per invadere la Terra, ma sono pronti a rinunciarvi se un terrestre scelto a caso riuscirà ad afferrare le corna di uno di loro. La campionessa aliena è Lamù, figlia del capo, lo sfidante umano è la quintessenza dello sfigato, il liceale Ataru Moroboshi, che riesce nell’impresa con un colpo basso: sfila il reggiseno a Lamù e, una volta che lei si è avvicinata per riprenderselo, la beffa. Solo che poi, complice un fraintendimento, Ataru si ritrova ‘sposato’ alla ragazza. Da lì, con un cast di tipi umani e parodie che va dal monaco buddista Sakurambo allo studente miliardario Shuutaro Mendo, al fratellino sputafuoco di Lamù, Ten, inizia una serie di avventure tragicomiche raccontate in circa 200 episodi (oltre a svariati film animati).

In Italia, dove sbarcò nel 1983 sulle reti private, Lamù fu un piccolo terremoto. Ormonale. Entrò dritta dritta nei sogni degli adolescenti che, allora, stavano scoprendo la sessualità e le prime ‘cotte’, svolazzando con il suo bikini (ogni tanto, anche senza…). Una narrazione certamente ammiccante, che affrontava situazioni a sfondo sessuale con ironia e divertimento, catturando l’attenzione di schiere di ragazzi in tutto il mondo. Strano a dirsi, viste le polemiche del periodo sui cartoni giapponesi, la serie non subì manomissioni né censure nel nostro Paese.

Lamù è solo una dei personaggi femminili che, tra anni Ottanta e Novanta, lasciarono un segno indelebile nell’immaginario maschile, pur senza rinunciare a un briciolo della loro personalità. Che dire di Margot (in originale Fujiko Mine), la pupa di Lupin III, le cui avventure vennero trasmesse in Italia dal 1979. Perfetta femme fatale, scaltra, egocentrica e bellissima, che usa il proprio corpo per sedurre e manipolare gli uomini (a partire dal ladro gentiluomo, che pende dalle sue labbra). Altrettanto furbe sono le tre ladre abilissime (in tute aderentissime) di Occhi di Gatto (in Italia dal 1985): Sheila, Kelly e Tati hanno la missione di recuperare, furto dopo furto, le opere appartenute al padre scomparso. Non mancano bagni sensuali e pose finto-ingenue. Meno nota è Ransie la strega (da noi nel 1982): figlia di un vampiro e di una lupa mannara, la protagonista si invaghisce di un compagno di classe. Nella sigla lei appariva vestita solo del mantello (che si agitava al vento maliziosamente). L’elenco sarebbe lunghissimo: per dire, Candy Candy (che sbarcò da noi nel 1980) e Georgie (1994), beniamine di tante ragazze, subirono la scure della censura italiana per scene considerate troppo adulte. E persino dai due "cuori nella pallavolo" (cantava Cristina D’Avena), Mila e Shiro (1984), sono state tagliate alcune sequenze di nudo.