Martedì 23 Aprile 2024

Toghe e scandali, l’ultima polemica La pm accusò il collega di molestie Ma ora viene censurata dal Csm

Quell’epiteto all’ex capo della procura di Firenze, Creazzo (in corsa a Roma), nelle chat a Palamara (allora consigliere). Le motivazioni del provvedimento: comportamento scorretto. La replica: calpestati i diritti delle vittime di abusi

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di Stefano Brogioni

Il "porco" riferito al collega che, una sera, ci aveva provato con lei in ascensore, dopo un convegno della loro corrente di magistrati, Unicost, si è rivelato un boomerang per Alessia Sinatra. Il procedimento disciplinare nei suoi confronti, figlio delle chat dello scandalo Palamara, potente collega con cui la magistrata siciliana si confrontava, si è concluso con una condanna: la censura.

Sinatra avrebbe tenuto un comportamento "gravemente scorretto" nei confronti di Giuseppe Creazzo. Tutto matura dentro Unicost, corrente di Palamara, Creazzo e Sinatra. Creazzo è in corsa per la guida di Roma e Sinatra, con quelle chat, avrebbe inteso di condizionare negativamente i consiglieri per una sorta di "rinvincita morale" sul capo dei pm di Firenze. La presunta violenza sessuale che si sarebbe consumata in un hotel di Roma, non era mai stata denunciata. Ma di quell’episodio, la pm parlava spesso in chat, apostrofando il collega con termini poco lusinghieri.

Un episodio da cui sono usciti tutti sconfitti: la medesima sezione disciplinare, nel 2021, aveva infatti condannato l’allora procuratore capo di Firenze alla perdita di 2 mesi di anzianità per aver molestato sessualmente la collega. Creazzo, oggi procuratore minorile a Reggio Calabria, ha impugnato la decisione.

Ma l’epilogo del caso Sinatra è un qualcosa di inaspettato. La stessa procura generale della Cassazione, sostenitrice dell’accusa per i messaggini da lei scritti ("giurami che il porco cade subito", "il mio gruppo non lo deve votare"), aveva concluso chiedendo l’assoluzione dell’incolpata. Dura la reazione del suo legale, Mario Serio, che parla di "grave arretramento nella difesa delle vittime di abusi in ambito lavorativo". "Malgrado la motivata richiesta di assoluzione per la scarsa rilevanza del fatto formulata dalla Procura generale della Cassazione – prosegue Serio – la sezione disciplinare del Csm, composta alla pari da componenti maschili e femminili e con una sostituzione per ragioni non rese note, ha condannato la magistrata alla sanzione disciplinare della censura, trascurando ciascuno degli argomenti difensivi e perfino l’accorata autodifesa dell’ incolpata che ha spiegato il retroterra psicologico ed il fine dei messaggi, che altro non rappresentavano se non uno sfogo segreto di una donna violata".

"È un precedente pericoloso – per Serio – sia sul piano giurisprudenziale sia sul piano del costume sociale che non potrà non toccare le corde della diffusa sensibilità femminile. Naturalmente - conclude Serio- l’auspicio è che la Cassazione, che finalmente sta per trovare al proprio vertice una prestigiosissima e coraggiosa presenza femminile, pronunci la definitiva parola di Giustizia ed equità".