TikTok fa male ai minori E non è uno spot

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Marcella

Cocchi

Se non ha l’età i social possono attendere. È lo spot realizzato dal Garante per la privacy con Telefono Azzurro che da oggi va in onda su tutte le reti tv, mentre TikTok inizierà a richiedere l’età degli utenti per evitare che vi si iscrivano i minori di 13 anni. Mossa giusta, quest’ultima, a cui bisognava arrivare molto prima di assistere all’ennesimo caso choc: la piccola Antonella morta a 10 anni a Palermo dopo una sfida estrema sulla app social preferita dai teenager.

Però, ora, prendiamo il claim di quello spot e chiediamocelo, sinceramente: servirà? La frase (se non ha l’età....) è scontata. C’è qualche genitore che potrebbe dissentire? No. Perfino 6 adolescenti su 10 ammettono che a 14 anni non si sentono maturi. Infatti qui non si tratta tanto di sensibilizzare. Nemmeno la più ossessiva delle pubblicità progresso – ricordate ah-ah-ah-ah sull’Aids che segnò gli anni ’80? – forse potrebbe fare molto di fronte a uno stile di vita radicatosi nel profondo. A meno che, e veniamo al punto, non fossimo noi genitori per primi a darci una regolata sulla dipendenza da social. A dimostrare ai nostri figli che la vita vissuta conta immensamente di più di quella virtuale. A controllare l’impulso che porta a condividere senza limiti per piacere a ogni costo. Sensibilizzare all’ovvio, ossia al fatto che i social possono nuocere ai minorenni, non basta. Noi e i piccoli che a volte lasciamo in balìa di tablet e smartphone (così stanno buoni) dobbiamo iniziare una rivoluzione in carne e ossa, a partire dalle nostre case.