Tik Tok lascia Hong Kong La lotta politica si fa social

L’app non vuole consegnare i dati dei suoi utenti alle autorità cinesi. Il tam tam digitale al centro di molte rivolte giovanili, dall’Asia al mondo arabo.

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di Lorenzo Bianchi

Popolari fra gli smanettoni in tenera età, ma facilmente penetrate e sfruttate da 007 di vario genere che puntellano il potere in carica. L’ultimo caso è quello di Tik Tok, l’app dei video brevi molto popolare fra i giovani. Ieri ha comunicato che si ritirerà dal mercato di Hong Kong "a giorni" per non dover consegnare dati dei suoi utenti alle autorità dell’ex colonia britannica. Continuerà a funzionare solo Douyin, la gemella di Tik Tok che molti abitanti della metropoli hanno scaricato in Cina. Anche Linkedin e la piattaforma Zoom si bloccheranno. Il sei luglio avevano dichiarato la fine delle operazioni ad Hong Kong Facebook, WhatsApp, Google, Telegram e Twitter. Resiste per ora solo Signal, che non conserva i dati di chi la utilizza.

La mossa è clamorosa anche perché il proprietario di Tik Tok è un cinese. Si chiama Zhang Yiming. È un laureato in informatica all’università Nankei di Tianjin. Anonymous, il collettivo di hacker attivisti, in un tweet ha definito la sua app "un malware creato dal governo della Cina per far partire un’operazione di spionaggio di massa". La Bytedance ha smentito ricordando anche che la compagnia "è guidata da un amministratore delegato americano". La nuova norma sulla sicurezza imposta dalla Cina punisce secessione, terrorismo, sovversione e collusione con forze straniere. La sezione III dell’articolo 20 prevede pene da 3 anni all’ergastolo.

In Egitto i social sono stati fatali a Sarah Hegazy, 30 anni, pasionaria dei diritti Lgbtqi. Nel 2017 aveva sventolato una bandiera del Movimento, sotto il palco del concerto di Hamed Sinno, il Freddie Mercury arabo. Un suo amico la fotografò e postò la sua istantanea. I social si riempirono di reazioni violente. Un invito a nozze per la polizia che usa i social come una rete per la pesca a strascico. È finita in carcere, torturata e stuprata. Nel 2018 la liberano su cauzione. Sarah si rifugia a Toronto. Poco dopo muore la madre. La giovane si suicida il 14 giugno. Ha lasciato un messaggio al mondo scritto a biro: "Sei stato crudelissimo ma ti ho perdonata". I social furono il terreno di coltura della primavera araba. Il primo tam tam digitale fu quello esploso dopo la morte di Mohammed Bouazizi, il giovane venditore ambulante che si diede fuoco perché le forze dell’ordine avevano rovesciato il suo banchetto d frutta e di ortaggi a Sidi Bouzid in Tunisia. Cominciò così la Rivoluzione dei gelsomini che sfociò nell’esilio di Zine al-Abidine Ben Ali, l’uomo forte che aveva governato il Paese per 23 anni. Fu la prima scintilla delle primavere arabe. In Egitto venne scacciato a furor di popolo il ’faraone’ Mubarak.