Giovedì 18 Aprile 2024

Aspiranti medici all'università, la trappola dei test a numero chiuso

Oggi prove di ammissione per 70mila: passa un candidato su sei. Le Regioni cercano rimedi alla carenza di camici bianchi

Candidati ai test di medicina in coda per la prova (Newpress)

Candidati ai test di medicina in coda per la prova (Newpress)

Roma, 3 settembre 2019 - "Adesso vado dal medico!". L’irrevocabile intenzione di milioni di pazienti, che già oggi boccheggiano nell’imbuto sanitario (lasciandoci talvolta anche le penne), non troverà agile soddisfazione neppure nei prossimi anni. Anzi, in Italia è previsto il drammatico logoramento di un sistema sempre più sotto stress, incapace di programmare la riscossa a dispetto del costante boom di ippocratiche vocazioni. Il test di ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia e di odontoiatria, che oggi dà il via alle selezioni 2019-2020 per le facoltà a numero chiuso, schiera 68.694 aspiranti per appena 11.568 studenti in medicina e 1.133 in odontoiatria. Di più l’Italia delle tante promesse non sa fare. Certo meglio del 2018, quando i candidati furono 67.005 per 9.779 posti in medicina e 1.096 in odontoiatria, ma la mattanza programmata resta. E rimane difficilmente spiegabile in un sistema sanitario nazionale che da oggi al 2025, tra dinamiche ordinarie e quota 100, lascerà un buco di almeno 16.500 specialisti: quasi un collasso programmato, in assenza di rapide correzioni.    Secondo un sondaggio di laskuola.net su 1.600 candidati, il 75% degli aspiranti medici denuncia la passione come primo elemento motivazionale. Le prospettive occupazionali sono prioritarie solo per il 12% degli intervistati. E quelle retributive, seppur dopo tanti sacrifici, sono decisive solo per l’8% del campione. Una novità d’altri tempi turba i candidati: meno quiz di logica (da 20 a 10) e più domande di cultura generale (da 2 a 12), a fianco di materie più tradizionali come matematica, fisica, chimica, biologia. In totale 60 quesiti cui rispondere nel tempo massimo di 100 minuti. I ricorsi non mancheranno. Come le polemiche, che già abbondano, sui costi variabili sostenuti per la preparazione: da un minimo di 100 euro a punte di oltre mille euro tra manuali, libri, corsi. Anche la tassa di iscrizione al test è poco democratica: si va dai 10 euro di Milano Bicocca ai 100 di molte università. A fronte di un’adesione quasi missionaria al sogno di una vita, solo un aspirante medico su sei potrà tuffarsi tra i libri, laboratori e corsie. Dove non tutti gli atenei e i reparti peraltro sono uguali. Il grande malato è il Pronto soccorso: tra turni massacranti, cause legali e botte dei parenti se ci scappa il morto, il quadro è devastante.   L’analisi complessiva valorizza la contraddizione sistemica di un Paese che a difficoltà conclamate aggiunge oltre 9mila laureati tuttora esclusi dai percorsi di specialità. E questo nonostante gli 8.935 contratti di formazione specialistica di recente stipula (+28% sul dato precedente). Però non basta. Il contemporaneo boom dei corsi di Medicine and Surgery in lingua inglese (10.450 aspiranti per 761 posti, prova selettiva il 12 settembre) svela una generazione pronta a seguire la strada annualmente battuta da 1.500 medici italiani stanchi del Belpaese: ancora formativo e con punte di indubbia eccellenza, ma al tempo stesso ingessato nelle traiettorie occupazionali e retributive. Anche per questo molte Regioni scalpitano. Pronte a investire prima che sia troppo tardi.