Covid, Bassetti: "Test fuorvianti. Torniamo a visitare i nostri pazienti"

L'infettivologo: "Troppi falsi negativi dai tamponi: va rilanciata la professione medica. La diagnosi va fatta sulla base di segni e sintomi"

L'infettivologo Matteo Bassetti

L'infettivologo Matteo Bassetti

"I tamponi? Ci consegnano una falsa patente di negatività, e producono un esercito di positivi asintomatici". Così Matteo Bassetti, presidente della Società italiana di terapia antinfettiva, docente universitario e primario infettivologo a Genova. Il clinico mette in guardia sui limiti delle diagnosi a distanza, formulate senza visitare direttamente i pazienti.

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Professor Bassetti, che cosa insegna la disavventura capitata ai calciatori del Genoa?

"Dovrebbe far capire che fare esami a tappeto ha poco senso. Dopo poche ore dall’esito dei tamponi negativi per tutta la squadra si sono registrati numerosi casi di positività. Ne consegue una considerazione di carattere generale: rischiamo di far circolare soggetti negativi al tampone, perché presi durante la fase di incubazione del virus, cioè che trasmettono il Sars-Cov-2, e andiamo a chiudere in casa senza motivo tanti altri, con tampone debolmente positivo, che invece non trasmettono nulla a nessuno".

Che altro possiamo fare per snidare i focolai infettivi?

"Occorre riportare al centro la professione del medico, la raccolta di segni e sintomi, unita alla scienza, alla virologia. Insomma dobbiamo tornare a fare i dottori, andare a casa dalla gente, invece di mandarla solo sempre a destra e sinistra a fare il sierologico e gli altri esami".

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Torniamo al caso dei calciatori, lei come medico come si spiega questa diffusione a macchia d’olio dei contagi?

"Il Genoa Calcio ha rispettato il protocollo. Sono stati fatti tamponi nel giorno della partita e, visto che erano negativi, si è disputato il match. Ma l’esame è tutto tranne che perfetto. Si può essere negativi, e dopo poche ore scoprirsi positivi. Il mondo del calcio mostra tutti i limiti dello screening con il tampone sugli asintomatici".

Che cosa resta da fare?

"Bisogna rivedere tutta la strategia, perché stiamo sbagliando. I tamponi vanno bene per tracciare i focolai. Ma non possiamo pensare che l’unico modo di affrontare il Covid in questo Paese consista nel processare trecentomila tamponi. E poi quanto costa al sistema sanitario sfornare tutti questi tamponi? Le risorse non sono infinite".

C’è chi sostiene, come il professor Crisanti, che è meglio fare tamponi a tappeto senza desistere.

"Ma i tamponi a strascico guarda che cosa hanno combinato, se abbiamo un cluster. In questi casi sarebbe preferibile la classica quarantena dei contatti. Dobbiamo continuare a fare tamponi a chi serve, senza usarli come uno strumento gettato a caso".

Stiamo tornando in una fase di emergenza?

"Abbiamo un movimento importante nei ricoveri, ma non ci sono paragoni con marzo e aprile. Potrei citare i numeri dei Covid-19 nella clinica che dirigo: si è passati da una letalità variabile tra il 12,5% e 10,5% da febbraio a maggio, a un solo decesso su oltre 91 ricoveri da giugno a ora".

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