"Terze dosi? Ritardo incolmabile". Crisanti: così il Super green pass è inutile

Il virologo e il nuovo richiamo. "Giusto anticiparlo, ma la maggior parte dei vaccinati è già scoperto"

Andrea Crisanti (Ansa)

Andrea Crisanti (Ansa)

Roma, 24 novembre 2021 - "La decisione del ministero della Salute di anticipare a cinque mesi dalla prima somministrazione il tempo di attesa per procedere con la terza dose mi trova d’accordo, ma siamo sempre al solito punto: è da inizio estate che si sapeva dell’ineludibilità di un ulteriore richiamo. Bisognava agire prima". E invece? "Si è seguito il falso mito dell’immunità di gregge all’80% d’immunizzati che si è poi raggiunto a fine settembre – incalza il microbiologo Andrea Crisanti, professore dell’Università di Padova, sullo sfondo del target caro al commissario straordinario Francesco Figliuolo –. Il problema è che non ci si può basare su questo concetto contro il nuovo Coronavirus. L’unica strada da percorrere è quella dei vaccini".

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"Più che guardare l’andamento della curva, le strategie vanno calibrate in relazione all’efficacia della profilassi anti-Covid che scema con il trascorrere dei sei mesi dalla prima somministrazione".

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Quali sono gli ultimi dati a riguardo?

"Gli studi effettuati su un campione di cinque milioni di persone dimostrano come la copertura vaccinale dall’infezione scenda dal 95% al 45% circa. Il calo, invece, della protezione dalla malattia grave è più contenuto, si passa dal 90% al 65%".

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Anche con la terza dose le Regioni procedono a doppia velocità: in Lombardia è possibile prenotare l’iniezione nel rispetto della finestra di 56 mesi, in Emilia Romagna e Toscana, un cittadino può fare la prenotazione solo scaduti i cinquesei mesi.

"Non so entrare nel merito di questi squilibri. Posso dire solo che l’anticipo a cinque mesi rischia fortemente di essere aleatorio. Suona come una dichiarazione di buoni propositi, purtroppo. Pochissimi riusciranno a fare il booster nei tempi previsti".

Colpa delle prenotazioni?

"La questione è che la maggior parte della popolazione si è immunizzata fra aprile e luglio. Va da sé che già adesso, nella migliore delle ipotesi, siamo quantomeno prossimi a essere scoperti dal rischio d’infezione e di contrarre la malattia in forma grave".

Si va verso la revoca del certificato verde, così come l’abbiamo inteso finora, a chi si sottopone a tampone: lei che cosa ne pensa?

"Può avere un senso in relazione ai test antigenici, meno per quelli molecolari".

Resterebbe comunque in mano a vaccinati che non hanno più la protezione ottimale dal virus e quindi potrebbero anche favorire i contagi.

"Questo è un pericolo, un’ulteriore dimostrazione del fatto che il Green pass non sia una misura di sanità pubblica. Dal canto mio l’ho sempre sostenuto sin da quando è stato introdotto questo strumento".

Lei era a favore dell’obbligo vaccinale?

"Sì, resta la mia posizione, al massimo avrei ridotto comunque la validità del certificato a sei mesi. Bisognava evitare lo sfasamento fra la reale copertura vaccinale e il Pass. Ma che possiamo farci? In Italia siamo sempre alla creatività".