Terza dose vaccino Covid: ok da Cts Aifa. Cosa succede ora

Via libera per immunodepressi, anziani delle Rsa e operatori sanitari più a rischio contagio. Per il resto della popolazione si attende l'Ema forse a fine mese

Nicola Magrini direttore generale di Aifa (Ansa)

Nicola Magrini direttore generale di Aifa (Ansa)

Roma, 8 settembre 2021 - Via libera alla terza dose di vaccino anti Covid in Italia. E' arrivato l'ok dela Commissione tecnico scientifica ( Cts) dell'Agenzia italiana del farmaco Aifa alla terza dose di vaccino anti-Covid: si partirà a fine settembre con i pazienti immunodepressi (ad esempio i trapiantati, chi è in terapia oncologica o in trattamento per sclerosi multipla), ma il 'booster' riguarderà anche gli anziani in Rsa e gli operatori sanitari più a rischio di esposizione al contagio. Per quanto riguarda il resto della popolazione, l'Aifa attenderà le conclusioni dell'Agenzia europea del farmaco Ema sulla questione della terza dose, che potrebbero arrivare tra un mese.

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Intanto, anticipa Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni, "se le autorità preposte danno l'ok" sulla terza dose di vaccino "noi ci siamo. Mi auguro che la decisione possa essere presa il prima possibile perché, se sarà ritenuta utile, prima si parte meglio è".

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Sommario

Quando si parte

Le prime somministrazioni dell'ulteriore richiamo (il secondo per coloro a cui è stato inoculato il siero di Johnson&Johnson) saranno effettuate già a fine settembre.

Chi riceverà la terza dose

Il Cts Aifa ha approvato oggi la terza dose esclusivamente per alcune categorie: negli immunodepressi vanno annoverati, a esempio, i trapiantati, chi è in terapia oncologica o in trattamento per sclerosi multipla. Ma il 'booster' coinvolgerà anche gli anziani nelle Rsa e gli operatori sanitari più a rischio di esposizione al contagio.

Le altre categorie

Non c'è ancora il via libera per tutte le altre categorie. L'Aifa attende le conclusioni dell'Ema (Agenzia europea del farmaco) per esprimersi. L'ok alla terza dose potrebbe verosimilmente arrivare a fine mese, in concomitanza con le prime somministrazioni alle persone immunodepresse.

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Lo studio

I pazienti con immunodeficienze mostrano una risposta più debole al vaccino, intesa come copertura di anticorpi. La conferma arriva da uno studio ASST Spedali Civili e l'Università di Brescia con il National Institute of Health (NIH) di Bethesda (USA), pubblicato lo scorso 5 settembre sulla prestigiosa rivista scientifica The Journal of Allergy and Clinical Immunology. La ricerca, condotta su 83 pazienti affetti da varie forme di immunodeficienza e molti operatori sanitari, ha rivelato che tra questio solo il 59% degli immunodepressi raggiunge una copertura anticorpale dopo la prima dose di vaccino; tale percentuale arriva all'85% una volta completato l'intero ciclo di immunizzazione, ma anche dopo la seconda  dose i livelli di anticorpi prodotti sono variabili. 

Di contro, tutti gli operatori sanitari senza problemi immunitari coinvolti nel lavoro hanno risposto già alla prima dose e i livelli di anticorpi sono ulteriormente aumentati dopo il richiamo. Dati da cui si desume che i pazienti immunodepressi abbiano una risposta più debole al siero e che alcuni di loro, purtroppo, non rispondano per nulla. Conclusioni che avvalorano la recente raccomandazione del Center for Disease Control americano che consigliava per questa categoria di persone una terza dose di vaccino a mRNA.

La moratoria dell'Oms

"Un mese fa ho chiesto una moratoria globale sulle dosi di richiamo dei vaccini Covid-19 almeno sino alla fine di settembre, per dare priorità alla vaccinazione delle persone più a rischio in tutto il mondo che devono ancora ricevere la prima dose. Ora chiedo che la moratoria venga estesa almeno alla fine del 2021, per consentire a ogni Paese di vaccinare almeno il 40% della propria popolazione". Così sul tema 'terza dose' il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, parlando in conferenza stampa a Ginevra. "La terza dose - ha precisato il Dg Oms - potrebbe essere necessaria per le popolazioni più a rischio, dove ci siano evidenze di una riduzione dell'immunità contro la possibilità di sviluppare Covid grave e morte". Ad esempio per "le persone immunocompromesse che non hanno risposto sufficientemente alle dosi iniziali" di vaccino "o che non producono più anticorpi. Ma per ora - ha ammonito - non vogliamo vedere un uso diffuso di 'booster' per persone sane che sono completamente vaccinate".