Terza dose, la direttiva del governo Ai sanitari va fatta dopo sei mesi

La protezione cala con il tempo. Priorità per dieci categorie fragili, tra cui trapiantati e malati di cancro

Migration

ROMA

La terza dose è alle porte. Con i contagi che risalgono tra chi ha ricevuto oltre sei mesi fa la seconda dose (esattamente l’inizio, secondo gli studi più recenti, del calo di anticorpi sviluppati col vaccino, che dovrebbero durare fino a 9-12 mesi nei casi migliori), soprattutto sanitari e ospiti delle Rsa, il ministro Speranza ha emanato la circolare. Saranno dieci le categorie di pazienti che riceveranno prioritariamente la terza dose di vaccino anti Covid, a partire da trapiantati e malati oncologici con determinate specificità. A indicarlo sono le linee guida ministeriali che spiegano nel dettaglio categorie e tempistiche, precisando come per tali fasce prioritarie si debba in realtà parlare di ‘dose addizionale’: per questi soggetti si tratta infatti di una dose aggiuntiva a completamento del ciclo vaccinale primario di 2 dosi, per raggiungere un adeguato livello di risposta immunitaria. Si somministrerà almeno dopo 28 giorni dalla seconda, e il prima possibile se tale lasso di tempo è già trascorso.

La circolare distingue la terza dose ‘addizionale’ dalla dose ‘booster’: in quest’ultimo caso la platea non sono i soggetti particolarmente fragili per i quali si è evidenziata una minore risposta al vaccino (e che per questo necessitano di una dose appunto addizionale come parte integrante del processo vaccinale), bensì le fasce che hanno avuto una risposta immunitaria adeguata dopo le prime due dosi, ma che a distanza di tempo, o forse per via delle varianti, hanno comunque bisogno di una dose di rinforzo a fronte del calo di copertura immunitaria che, secondo vari studi, si determina per i vaccini anti Covid dopo 6-9 mesi. L’obiettivo della dose booster è mantenere nel tempo o ripristinare un adeguato livello di risposta immunitaria, in particolare in popolazioni connotate da "un alto rischio, per condizioni di fragilità che si associano allo sviluppo di malattia grave, o addirittura fatale, o per esposizione professionale".

La dose booster va somministrata dopo almeno sei mesi dall’ultima dose. E qui ci rientrano anche i medici, gli infermieri e le categorie a rischio per professione. "Le nostre indagini ci dicono che 1.848 operatori sanitari, per la maggior parte già vaccinati, si sono contagiati negli ultimi 30 giorni. Questo significa che 50 infermieri al giorno si ammalano ancora di Covid nelle corsie degli ospedali italiani. Vogliamo comprendere fino a che punto gli infermieri già vaccinati si stanno ammalando di nuovo, vogliamo sapere se questa impennata di casi è stata presa in considerazione dagli organismi di vigilanza", denuncia Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up. Al momento, in base alle indicazioni del CTS, "si considera prioritaria la somministrazione della dose addizionale nei soggetti trapiantati e immunocompromessi". Ferma restando la priorità del raggiungimento di un’elevata copertura vaccinale con il completamento dei cicli attuali, "sarà poi definita la strategia di somministrazione di una dose booster di vaccino a m-RNA (Pfizer e Moderna) in favore di ulteriori gruppi target", tenendo conto delle evidenze scientifiche e dell’evoluzione dello scenario epidemiologico.

Si inizia coi più fragili e poi verranno le dosi booster per le altre categorie, come over 80, residenti nelle Rsa e sanitari. Le 10 le categorie iniziali sono: trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva; trapianto di cellule staminali ematopoietiche; attesa di trapianto d’organo; terapie a base di cellule T; patologia oncologica; immunodeficienze primitive; immunodeficienze secondarie; dialisi e insufficienza renale cronica grave; pregressa splenectomia; AIDS.

Alessandro Belardetti