Giovedì 18 Aprile 2024

Terroristi fuggiti a Parigi "Uccisero mio padre, non cerco vendette ma solo giustizia"

Adriano Sabbadin, figlio di Lino, il macellaio ammazzato in Veneto nel ’79 "L’estradizione andava fatta 40 anni fa. Il perdono? Per riceverlo va prima chiesto". Oggi la decisione della Cassazione francese sui militanti ancora liberi.

Terroristi fuggiti a Parigi  "Uccisero mio padre,  non cerco vendette  ma solo giustizia"

Terroristi fuggiti a Parigi "Uccisero mio padre, non cerco vendette ma solo giustizia"

di Francesco

Ghidetti

"Avevo 17 anni, ero giovanissimo e felice. Mia madre 42, le mie sorelle 12 e 6. E poi quel maledetto 16 febbraio 1979. Che, da allora, non mi ha mai abbandonato". La voce di Adriano Sabbadin è ferma. Ma si sente che l’emozione sta per stringerlo in una morsa soffocante. Alza la serranda di quella macelleria a Santa Maria di Sala, due passi da Venezia, dove i killer dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, uccisero il padre Lino, classe 1933. Terribile coincidenza: in quel giorno, a Milano, il gioielliere Pierluigi Torregiani veniva assassinato da un altro commando dei Pac. Entrambi, Lino e Pierluigi, si erano, tempo prima, difesi da dei rapinatori. Uccidendoli (anche se il figlio di Torregiani nega la responsabilità del padre). Per questo, a detta dei Pac, andavano puniti. Un segnale di solidarietà alla “piccola malavita” che, parole dei Pac (dopo Br e Prima Linea, il gruppo più sanguinario) "con le rapine porta avanti il bisogno di giusta riappropriazione del reddito e di rifiuto del lavoro".

Adriano alza la serranda di quella macelleria, la macelleria del padre, perché ci lavora insieme a una delle sorelle. "Mi trovai tutto addosso. Non potevo fare altro, avevo poca esperienza. All’inizio è stata durissima. Dovevo imparare".

Adriano, che cosa ne pensa del perdono?

"Io sono credente. Ma perdono solo chi chiede di essere perdonato".

Oggi la decisione della Cassazione francese sull’estradizione dei dieci terroristi: che si aspetta?

"Mah... Francamente ho poche speranze. E poi...".

Adriano si ferma, scuote la testa.

E poi?

"L’estradizione andava fatta quaranta anni fa".

Però se la giustizia francese decidesse per il sì...

"Sarei contento. Non per vendetta, bensì per giustizia".

Intende dire che finalmente voi familiari, come per il ritorno di Cesare Battisti, vedreste un po’ di luce?

"No, faccio un ragionamento più ampio. Sarebbe un modo per ridare onore ai nostri cari ma anche un segno di giustizia. Non solo per noi, ma per tutti gli italiani".

Il tempo passato cambierebbe?

"Macché. Nostro padre non tornerà mai più".

All’arrivo a Ciampino nel 2019 di Cesare Battisti lei piangeva...

"Perché si vedeva un po’ di giustizia. Anche in questo caso nessun sentimento di vendetta".

Brutalmente: che cosa si prova a essere familiari di una vittima del terrorismo?

"Un incubo perenne, un chiodo fisso in testa. Nessuno ci consolerà mai e la storia del tempo che allevia il dolore non mi ha mai convinto".

Perché la Francia ha dato asilo ai militanti del partito armato?

"Non lo so. Ho però la sensazione che questi terroristi sappiano troppo. E debbano coprire qualcosa o qualcuno. Ma è solamente un’impressione".

Oggi quegli anni di odio e violenze sembrano impossibili. Lei che li ha vissuti molto tragicamente è d’accordo?

"Sì, mi pare impossibile che ci siano stati".

Lei ha figli?

"Due. Il più grande, che ha 16 anni, non ne vuole sapere nulla di quel maledetto 1979. Mia figlia, che ha 12 anni, vorrebbe sapere, ma al contempo rifugge".

Vi siete mai sentiti soli?

"Per molti anni si sussurrava “però quel Lino qualcosa avrà fatto per finire così“. Terribile".

Ma la vita continua...

"Sì, anche grazie alle varie associazioni dei parenti delle vittime. Ma mi creda: quel sangue...".

Quel sangue?

"Quel sangue di mio padre sul grembiule di mia madre non lo dimenticherò. Mai. Un’immagine fissa. Nitida. Non sfuocata...".