Terremoto Umbria. "Casa crollata, io ostaggio dei burocrati"

Norcia, "da 30 mesi non posso neppure toccare le macerie". "Dopo la presentazione del progetto, sono stati impiegati tre mesi per la firma al protocollo"

Andrea Fabbri mostra la sua abitazione distrutta

Andrea Fabbri mostra la sua abitazione distrutta

Norcia, 24 gennaio 2019 - In Umbria c’è un terremoto che non viene quasi mai raccontato, schiacciato com’è dalla retorica, più o meno in buona fede, della ‘ripartenza’, del coraggio e della cosiddetta resilienza. È il terremoto dei cittadini, quello che si conosce e si capisce davvero solo se lo hai visto in faccia; se ti è entrato nella pelle e nel cervello come una sveglia che ogni notte suona alle 3.36 del mattino. È il terremoto di chi, dopo aver atteso quasi due anni per avere una ‘casetta’ da 60 metri quadrati dove inventarsi una vita da resiliente, a poche settimane dalla consegna vede l’umidità sollevare il pavimento e annerire le pareti di cartongesso o la caldaia gelarsi per i dieci gradi sotto zero. 

Nella narrazione quotidiana questo terremoto esiste a pezzi e bocconi. Quando va bene. Chi scrive ha perso la casa già in quel maledetto 24 agosto 2016. Il successivo 30 ottobre il crollo definitivo. Non c’è più nulla. Solo il mutuo. Per adesso sospeso, ma che significa? Vuol dire che anziché estinguersi alla data prevista nel contratto si allungherà nel tempo per una durata pari al periodo della sospensione. Significa lasciare i debiti ai propri figli, ecco cosa significa.

E allora ti fidi delle istituzioni e corri. Provi a fare tutto e subito. Ma sono passati due anni e mezzo dalla scossa Assassina di Amatrice, poco più di due da quella distruttrice di Norcia e nonostante tre commissari straordinari di Governo ‘addetti alla ricostruzione’ (Errani, De Micheli e ora Farabollini) le case sono ancora lì, sbriciolate a terra. Tutto fermo, congelato. Manco una telefonata, un cenno. Nel mondo gira l’immagine dei resti della Basilica di San Benedetto di Norcia corazzati con migliaia di tubi innocenti, corde e contrappesi. E’ il terremoto che esiste, quello sotto ai riflettori. Ma per il disastro silente basta fare pochi passi. Dicevano che dovevamo consegnare i progetti di ricostruzione entro il 31 dicembre 2017. Fatto: pratica spedita il 22 dicembre di quell’anno e presa subito in carico dall’Ufficio speciale di Foligno, che il 5 gennaio 2018 l’ha spedita alla ‘sismica’ della Regione Umbria. 

Sembra uno scherzo, e invece non lo è: a Perugia sono occorsi tre mesi solo perché quella pratica venisse protocollata. Il sistema informatico di Foligno non si interfacciava con i cervelloni elettronici della Regione. Ci sono voluti tre mesi di telefonate, segnalazioni e preghiere perché qualcuno acquistasse un software di poche decine di euro. Tre mesi per protocollare una pratica sul tavolo; altri tre per iniziare la fase istruttoria; quattro per completarla. Dopo due anni di riunioni, progetti, disegni, calcoli strutturali, lungaggini burocratiche, firme e controfirme finalmente a novembre 2018 sembrava tutto a posto. Mancavano solo due passaggi: validità urbanistica e placet della Sovrintendenza. Macché. La commissione paesaggistica non gradisce l’idea di aver uniformato la forma del tetto dell’edificio a quella delle case vicine, pretende che sia riprogettato tale e quale a prima e dunque rispedisce il progetto al mittente.

E allora si ricomincia: nuovi disegni, nuovi calcoli, nuovo computo metrico, nuova istruttoria all’ufficio sismico e quindi all’Ufficio speciale della ricostruzione. È il criceto che gira sulla ruota. Corre sempre più forte convinto che prima o poi arriverà da qualche parte. E invece il timore è che questa storia del terremoto ‘che non c’è’ abbia un finale diverso. La sopravvivenza del criceto non è mai stata più incerta di oggi.