Teatri chiusi, attori furiosi. "Diteci quando finirà"

Popolizio lancia un appello: per programmare serve almeno una data. "C’è tanta voglia di tornare a vedere grandi spettacoli in sicurezza"

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A un anno dalla loro chiusura, le luci di centinaia di teatri in tutta Italia si sono riaccese. E lei c’era, insieme a molti suoi colleghi, per chiederne a gran voce la riapertura.

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"Sì. Perché bisogna capire una cosa importante: la nostra battaglia per riaprire i luoghi dello spettacolo non riguarda solo noi attori, registi, addetti ai lavori. Riguarda la gente, il pubblico. Riguarda una fetta enorme della società, quella con la testa più aperta. L’Italia ha bisogno come l’ossigeno di spettacolo e di cultura".

Massimo Popolizio, sessant’anni il prossimo luglio, è uno degli attori più prestigiosi del nostro teatro e del nostro cinema. Ha vinto tre volte il premio Ubu, ha lavorato con Verdone, Sorrentino, Martone. Fino a interpretare uno straordinario, surreale Mussolini in "Sono tornato" di Luca Miniero. Lunedì scorso, era di fronte al teatro Argentina di Roma insieme a Fabrizio Gifuni e agli attori di "Unita", l’unione che raccoglie molti interpreti dello spettacolo.

Avete fatto venire, davanti ai teatri, anche gli spettatori.

"Esattamente. Perché, se è un anno che la nostra categoria resiste, resistono da un anno anche loro. Tutti noi attori abbiamo perso lavori, soldi, recite. Ma ha perso anche il pubblico. Certo, abbiamo visto tante cose sulle piattaforme: ma non è affatto uguale. Sarebbe come dire: che riapriamo a fare i parchi nazionali? Guardiamoci i documentari su National Geographic! Eh no, l’esperienza reale è sempre un’altra cosa. Alla fine, viene penalizzata una fascia della società preziosissima. Magari non economicamente: ma intellettualmente sì".

Che cosa proponete, in concreto?

"Con Unita, l’Unione degli interpreti del teatro e dell’audiovisivo, vogliamo chiedere al governo date certe per le riaperture. Non è necessario che sia subito: ma i teatri e gli artisti hanno bisogno di programmare. Quello che si fa è frutto di mesi, quando non di anni, di lavoro. Una riapertura è essenziale. Non c’è in gioco solo la sopravvivenza nostra, ma quella del pubblico".

Pensate a un calendario di riaperture.

"Sì, con gli accorgimenti messi in atto già a settembre: il biglietto via mail, temperatura misurata prima di entrare, distanziamento, biglietti nominativi, mascherine obbligatorie".

Il ministro della Cultura è sempre Franceschini. È cambiato qualcosa?

"Mi sembra che nel suo atteggiamento sia cambiato qualcosa rispetto allo scorso ottobre. Ha espresso il desiderio che l’Italia sia il primo paese a riaprire i luoghi culturali, e mi auguro sia così".

La gente tornerà nei teatri e nei cinema? C’è anche questa incognita.

"Io dico di sì. Ci vorrà un certo coraggio, certamente: ma anche le nostre proposte artistiche dovranno essere all’altezza di questo coraggio. Però lo senti, in giro, che la voglia di partecipazione è forte. Un piccolo esempio: in Cina, adesso che i cinema sono riaperti, hanno registrato il record assoluto di incassi, più di un miliardo di dollari in una settimana. La gente è tornata al cinema, come e più di prima".