Giovedì 18 Aprile 2024

Tamponamento fatale Auto come un proiettile al casello autostradale Morte due donne

Stavano prendendo il biglietto e un 39enne ha centrato la loro macchina. L’uomo, ora ricoverato, aveva al polso un braccialetto da ospedale

Migration

di Massimiliano Saggese

MILANO

Piena notte, freddo, ma nessuna nuvola. Niente pioggia. Sul lungo piazzale illuminato della barriera dell’Autolaghi, a Milano Ghisolfa, un’automobile corre veloce sull’asfalto deserto. La traiettoria oscilla, la vettura, che non procede perfettamente dritta, sembra puntare a imboccare la corsia del Telepass, sulla A4 in direzione Torino. Il guidatore, che sarebbe uscito da poco da un ospedale per problemi ancora non noti, non si accorge di una piccola utilitaria rossa, una Lancia Y, ferma davanti alla sbarra per il ritiro del tagliando. A bordo, due donne. Un impatto devastante.

L’auto viene letteralmente sparata dall’altra parte della barriera, oltre la sbarra. Il telaio piegato. Per le due amiche di 53 e 59 anni non c’è scampo: morte sul colpo. Una di loro è Laura Amato, classe ‘69, da cinque anni Oss all’ospedale Macedonio Melloni di Milano. L’orologio sotto il display delle telecamere di sicurezza segna le 2.30. Il conducente dell’auto killer finisce in codice giallo al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo di Milano e ora rischia l’accusa per duplice omicio stradale. Le due vittime, lombarde, tornavano a casa dopo aver passato la serata in un locale milanese, hanno perso la vita in un incidente assurdo, in un tratto di autostrada dove la velocità massima è di 30 chilometri orari. L’auto proiettile, una Lancia Musa, condotta da un 39enne italo-marocchino è arrivata a piena velocità.

Ai soccorritori si è presentata una scena cruenta: i corpi delle due donne erano incastrati in un ammasso di lamiere rosse. Anche l’altro conducente è rimasto incastrato fra le lamiere della sua auto, ma era vivo. I vigili del fuoco hanno aiutato a estrarre i corpi tagliando le portiere con le cesoie. Poi medici e paramedici inviati dalla centrale operativa di Areu hanno potuto operare. Sono intervenute le pattuglie della polizia stradale per i rilievi e la ricostruzione delle cause dell’incidente. Al centro delle indagini ovviamente il 39enne italo marocchino e le sue condizioni al momento dell’impatto.

A quanto emerso dai primi rilievi, una volta estratto dalle lamiere dai vigili del fuoco, gli sarebbe stato trovato al polso un braccialetto di quelli adoperati negli ospedali, all’accettazione dei reparti di pronto soccorso. Secondo alcune indiscrezioni l’uomo, prima di mettersi alla guida, era stato in un ospedale per problemi di salute ancora non noti. Fra le cause dell’incidente non è esclusa quindi quella del malore. Solo gli esami chiariranno poi se fosse sotto effetto di sostanze stupefacenti, alcol o medicinali. Ora è ricoverato al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo dove sarà ascoltato nelle prossime ore dagli agenti.

Le indagini sono coordinate dalla polizia stradale di Novara e dal compartimento di Torino competenti su questo tratto di carreggiata che pure è alle porte del capoluogo lombardo. Sulla vicenda viene mantenuto il massimo riserbo. Sulla questione del braccialetto ospedaliero trovato al braccio del 39enne alla guida dell’auto proiettile la polstrada chiarisce che "per ora si tratta di ipotesi che non possiamo confermare". Nelle ore immediatamente dopo l’incidente gli agenti della polstrada hanno visionato decine di filmati delle telecamere lungo quel tratto autostradale. Prima di piombare sull’auto ferma alla barriera, la lancia Musa sarebbe stata vista procedere a zig-zag.