Sabato 20 Aprile 2024

Taiwan-Cina: la guerra dello smartphone

Roberto

Giardina

La politica, e la morale sono importanti, ma non più dei posti di lavoro. Le grandi multinazionali hanno un bilancio superiore a quello di molti Stati, e più potere di un presidente o un primo ministro. La Apple, il colosso californiano, ha obbedito agli ordini di Pechino: i pezzi prodotti a Taiwan, usati per i cellulari, dovranno portare il marchio "Made in China". Finora si usava il marchio "Made in Taipei" o "Made in Taiwan". Le forniture sono vitali per l´iPhone 14, che entrerà sul mercato nei prossimi mesi.

Finora la Cina aveva chiuso un occhio, ma se la Apple non si fosse piegata avrebbe vietato l’importazione dei cellulari made In Usa, un mercato troppo importante per l’azienda americana, 366 miliardi di dollari di fatturato. La sua resa ha provocato critiche e sdegno, non solo sull’isola. Alla visita a Taipei della signora Nancy Pelosi, presidente della Camera, i cinesi hanno reagito con grandi manovre, lancio di missili al largo di Tawan, e stringendo d´assedio l´isola. Ma la Apple pensa agli affari.

La Germania cerca di non prendere posizione nel conflitto tra Pechino e Taiwan. La rinuncia agli scambi con la Cina causerebbe un danno sei volte superiore alla Brexit. Metterebbe in pericolo tre milioni di posti di lavoro. La perdita per l’industria automobilistica, con un milione e 700mila addetti, sarebbe pari all´8,5 per cento. Ma il 64 per cento dei chip utilizzati dalle nostre industrie proviene da Taiwan. Meglio restare neutrali.

Io, come altri milioni, uso un telefonino con pezzi prodotti a Taiwan, e il computer su cui scrivo funziona grazie a prodotti provenienti dall´isola o dalla Cina, come la mia utilitaria. Nessuno di noi può dare un giudizio senza rispondere alla domanda: siamo pronti per Taiwan a rinunciare a quel che ormai fa parte della nostra vita quotidiana?