Giovedì 18 Aprile 2024

Svolta soft, il salario minimo non è un diktat

Fissati i paletti in funzione del costo della vita, ma l’accordo Ue non obbliga gli Stati: dettagli affidati alla legge e agli accordi collettivi

di Elena Comelli

Raggiunto l’accordo sulla direttiva Ue per il salario minimo. L’annuncio è arrivato ieri mattina sull’account Twitter della Commissione Affari sociali del Parlamento europeo. "Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi", ha aggiunto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Dopo il via libera di ieri del "trilogo" e altri passaggi procedurali toccherà poi ai Paesi membri recepirla, entro due anni. La direttiva, però, non indica cifre, si limita a fornire un quadro complessivo entro cui agire per fissare minimi adeguati ed equi. "Nessuno dovrebbe essere in povertà se lavora, e questo è lo strumento giusto", ha commentato il commissario Ue per il Lavoro Nicolas Schmit. La direttiva, proposta dalla Commissione europea nel 2020, punta a istituire un quadro per fissare salari minimi rispettando le diverse impostazioni nazionali dei 27 e a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva; la direttiva infatti sarà vincolante in quei Paesi in cui la contrattazione o non esiste o non è particolarmente diffusa. La copertura della contrattazione collettiva, in particolare, dovrebbe essere fissata a livello nazionale in una soglia compresa tra il 70% e l’80%.

Per l’Italia, dove i contratti collettivi coprono già oltre l’80% dei lavoratori, la direttiva non sarà quindi vincolante, e l’impatto sarebbe più che altro politico. Nel testo approvato ieri si parla anche di "Automatic Indexation", un sistema di indicizzazione che porterebbe a resuscitare in qualche modo la vecchia "scala mobile", anche se per le soglie di reddito minimo.

L’Italia è tra i sei Paesi dell’Ue senza una regolamentazione in materia e l’orientamento attuale è di fissare un valore medio di nove euro l’ora, ma il percorso si annuncia molto accidentato, perché non c’è unità nella maggioranza di governo.

Si profila perciò un nuovo scontro politico in commissione Lavoro al Senato dove il provvedimento, a prima firma della senatrice del Movimento 5 stelle ed ex ministro Nunzia Catalfo, proseguiva al rallentatore dal 2018 e si è sbloccato un mese fa. Il Movimento 5 Stelle spinge per l’approvazione in tempi rapidi e su questa riforma l’asse con il Pd regge: "Per noi la questione salariale è fondamentale, accanto a questo c’è anche l’impegno ad arrivare al salario minimo come in Germania e in Australia, Paesi simili al nostro che hanno fatto una scelta che anche noi dovremo fare", ha detto il segretario democratico Enrico Letta. Posizione su cui è allineato anche il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Il centrodestra nella maggioranza, però, la pensa diversamente. "Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazione industriali", ha sostenuto il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta. Meno perentorio è stato Matteo Salvini ("C’è il dibattito aperto fra i sindacati e le associazioni"), per il quale comunque il salario minimo non è una priorità della Lega, che punta invece ancora sulla "flat tax al 15%".