Svolta nel sequestro di Eitan Gli israeliani arrestano il nonno

Nessun mandato dall’Italia. È stato interrogato a Tel Aviv: "L’ho riportato in patria rispettando le leggi"

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di Stefano Zanette

La speranza degli zii paterni che la situazione possa evolversi rapidamente per un ritorno di Eitan a Pavia, si scontra con le dichiarazioni rilasciate dal nonno materno interrogato dalla polizia israeliana e poi posto agli arresti domiciliari per 5 giorni, fino a venerdì. Gadi Solomon, un portavoce della famiglia Peleg, ha confermato che ieri pomeriggio Shmuel Peleg, il nonno materno di Eitan Biran, si è presentato alla polizia dopo essere stato convocato "sul ritorno di Eitan a casa sua in Israele". "Il trasferimento di Eitan in Israele – è la versione del ‘rapimento’ fornita dal nonno – è avvenuto in maniera legale e dopo una consultazione con esperti di diritto". Nonno e nipote si troverebbero nella casa dell’uomo a Petah Tikva, non lontano da Tel Aviv. A Shmuel Peleg è stato anche ritirato il passaporto. Nel frattempo in Italia solo informalmente è stata confermata l’iscrizione nel registro degli indagati anche della nonna materna Esther (detta Etty) Cohen, ex moglie (separati da 6 anni) di Shmuel Peleg. Entrambi sarebbero dunque accusati, in concorso, dello stesso reato, sequestro di persona aggravato dalla minore età della vittima. Ma non si esclude che le indagini possano allargarsi ancora ad altri complici.

Che il nonno non potesse aver fatto tutto da solo, oltre che essere confermato dalle indiscrezioni sulle piste seguite dagli inquirenti pavesi, è anche convinzione degli zii paterni. Ieri è stato Or Nirko, il marito di Aya Biran, la zia paterna alla quale il Tribunale aveva affidato la tutela di Eitan, ad accusare ancora la nonna materna di complicità nel sequestro, in un ampio contesto nel quale si intrecciano sia interessi economici legati ai risarcimenti per la tragedia della funivia del Mottarone, sia motivi legati all’educazione religiosa del bambino. Dal punto di vista economico, infatti, il piccolo Eitan, suo malgrado, oltre ad essere l’unico sopravvissuto del disatro del Mottarone, è destinato anche ad essere l’erede diretto di tre delle vittime, il padre 30enne Amit Biran, la madre 26enne Tal Peleg Biran e il fratellino più piccolo Tom, 2 anni compiuti a marzo. Ma, soprattutto, in base a quanto detto sempre dallo zio Or Nirko, ci sarebbe anche l’eredità del bisnonno materno, anche lui vittima dell’incidente della funivia, "una persona molto ricca – dice Or Nirko – e può essere che l’erede principale fosse la mamma di Eitan e di conseguenza anche Eitan era il prossimo in linea di successione di un grande patrimonio".

Dal punto di vista dell’educazione, la famiglia Peleg non ha mai nascosto di non condividere le scelte fatte dai Biran e forse l’iscrizione di Eitan a una scuola cattolica (l’istituto delle suore Canossiane a Pavia) è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo di contrasti. Riguardo alle accuse alla nonna, anche se pare anomalo che potesse essere in combutta con l’ex marito, peraltro accusato di violenze domestiche proprio nei suoi confronti, a insospettire gli zii erano stati dei racconti riferiti dal piccolo Eitan. "Nel corso di una visita precedente – ha raccontato ancora Or Nirko – Eitan era stato tenuto per due ore e mezza dentro la macchina della nonna materna e interrogato da una persona sconosciuta, che non si è mai identificata e ha detto che il suo lavoro è ‘cambiare i baffi’. Gli ha fatto un sacco di domande, Eitan era sconvolto, aveva gli incubi". Per la tutela del piccolo Eitan, ieri la zia paterna Aya Biran, tramite legali in Israele ha presentato una istanza-ricorso al Tribunale di Tel Aviv per far tornare in Italia il bambino ‘rapito’ dal nonno. "Una istanza prodromica e preparatrice – spiega l’avvocato Cristina Pagani, che assiste in Italia Aya Biran – per un’eventuale attivazione della procedura sulla base della Convenzione dell’Aja sulle sottrazioni internazionali di minori". Per lo zio Or Nirko "l’arresto di Shmuel Peleg è un buon inizio, ma Eitan è ancora tenuto prigioniero come i soldati israeliani nelle celle di Hamas".