Svolta elettrica Dal 2035 basta auto a benzina e gasolio Il governo: eurofollia

Giro di vite anche per i mezzi pesanti: zero emissioni dal 2040. L’ira della destra: "Migliaia di posti di lavoro sono a rischio"

di Elena Comelli

Stop alla vendita dei veicoli a motore termico, alimentati a benzina o a diesel, entro il 2035. Il Parlamento europeo ha dato il via libera definitivo all’accordo, raggiunto dal Consiglio Ue a novembre 2022, con 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astenuti. Il provvedimento rientra nel pacchetto europeo Fit for 55, una serie di riforme per ridurre l’impatto ambientale dei settori economici strategici, e intende stabilire il percorso verso l’azzeramento totale di emissioni di CO2 dell’automotive. Il principale scopo consiste nel ridurre del 100% le emissioni di questi veicoli a confronto con il 2021, fissando un obiettivo intermedio al 2030 con una riduzione del 55% per le auto e del 50% per i furgoni. "L’acquisto e la guida di auto a emissioni zero diventeranno più convenienti per i consumatori e un mercato dell’usato emergerà più rapidamente", ha sottolineato il relatore Jan Huitema.

Contestualmente, la Commissione europea ha inoltre avviato l’iter di revisione del regolamento per le emissioni di CO2 anche per gli autobus e per i camion. La proposta prevede zero emissioni dal 2030 per i bus che circolano in città e un taglio del 90% delle emissioni per le flotte degli altri mezzi pesanti, a partire dal 2040. La proposta prevede delle tappe intermedie di riduzione delle emissioni dei mezzi pesanti, del 45% nel 2030, del 65% al 2030 e del 90% al 2040. L’azzeramento delle emissioni di CO2 per le auto ha registrato voci molto critiche nel mondo dell’industria: il nuovo presidente dell’Acea, Luca De Meo, che ha richiamato l’attenzione sui rischi e le ricadute in termini occupazionali.

Per i piccoli produttori rimangono valide, intanto, alcune deroghe: un’esenzione totale per chi produce meno di mille veicoli in un anno e una deroga fino alla fine del 2035 per chi ha una produzione limitata, tra mille e 10 mila auto o tra mille e 22 mila furgoni all’anno. Poi c’è una deroga specifica che riguarda, in particolare, le case automobilistiche che producono auto di lusso, come Ferrari e Lamborghini. Deroghe che comunque non convincono il nostro governo. "Decisione folle e sconcertante, contro le industrie e i lavoratori italiani ed europei, a tutto vantaggio delle imprese e degli interessi cinesi. Ideologia, ignoranza o malafede?", attacca il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini. Sulla stessa linea si è espresso Pietro Fiocchi, eurodeputato di Fratelli d’Italia e relatore ombra per l’Ecr (il gruppo di destra dell’Europarlamento), secondo cui la decisione "costerà all’Europa centinaia di migliaia di posti di lavoro e lascerà un’industria europea vitale pericolosamente dipendente da batterie, materie prime e terre rare di dubbia provenienza e disponibilità. Per questo abbiamo espresso voto contrario".

Per il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è "necessaria una seria riflessione in Europa per rendere compatibili gli obiettivi green del 2035, che tutti noi condividiamo, con la effettiva possibilità del nostro sistema industriale di convertire la produzione nelle tappe prefissate. Ne abbiamo parlato anche oggi nel tavolo Stellantis, con l’azienda e i sindacati con l’obiettivo di una sostenibilità che garantisca l’occupazione". La Commissione europea si è impegnata a seguire passo passo questo percorso verso le auto a emissioni zero, su cui pubblicherà una relazione a partire dal 2025. Ma intanto l’Europa dell’auto elettrica cresce rapidamente: nel 2022 le immatricolazioni di Bev (elettriche pure) hanno conquistato il 14% del mercato (quanto le auto diesel), con una crescita del 29%, mentre le ibride hanno il 23,3% del mercato (+8,5%) e le ibride plug-in quasi il 10%. Le auto a benzina occupano ormai una quota del 36,7%, in rapido calo (-12,5%). Le elettriche hanno più successo in Svezia (33%), Paesi Bassi (23%), Danimarca (21%) e Finlandia, Germania e Svizzera (18%). Fanalino di coda l’Italia con il 3,7%.