Supermario, un marziano a Roma Il tecnico commissario dei partiti

Quasi un anno e mezzo a palazzo Chigi per l’uomo scelto da Mattarella per risolvere la crisi del Conte II. L’ex presidente della Bce ha tenuto salda la collocazione internazionale del Paese nella guerra ucraina

Migration

di David Allegranti

In principio fu Kunt Draghi, marziano a Roma. Roba che nemmeno Ennio Flaiano avrebbe potuto partorire di meglio. Era il 17 febbraio 2021, in piena pandemia, e l’ex presidente della Bce si presentava al Senato per chiedere la fiducia, con l’obiettivo – dichiarato, esplicitato, offerto – di "consegnare un Paese migliore e più giusto a figli e nipoti". Spesso, aggiungeva Draghi, "mi sono chiesto se noi, e mi riferisco prima di tutto alla mia generazione, abbiamo fatto e stiamo facendo per loro tutto quello che i nostri nonni e padri fecero per noi, sacrificandosi oltre misura". E veniva quasi da crederci, perché colpiva l’assenza di retorica nelle sue parole, quella che di solito pervade qualsiasi tentativo di captatio benevolentiae nei confronti dei gggiovani, veri o presunti. Ricchi applausi parlamentari, invero paradossali perché dei giovani avrebbero potuto occuparsi quei deputati e quei senatori che amano acconciarsi a nottola di Minerva. Ma non esageriamo col cripto-populismo, via.

Draghi dunque arrivò, più politico dei politici, con l’esperienza di ex direttore generale del Tesoro, governatore della Banca d’Italia, presidente della Bce, alimentando un ozioso dibattito dal titolo "governo tecnico o politico?" buono per certi talk serali. Maggioranza larghissima, da unità nazionale, a parte Giorgia Meloni che in questi mesi ha costruito la propria funzione e la propria fortuna all’opposizione. Ministri politici, come il solito Dario Franceschini o il solito Roberto Speranza, qualche draghiano della prima ora (Giancarlo Giorgetti) e tecnici sommergibilizzabili (Vittorio Colao, Daniele Franco detto Alexa, come la Alexa di Amazon, perché a quesito-ordine di Draghi corrispondeva una pronta esecuzione, Prime naturalmente).

Per un po’ è andata avanti così, tra stupore per un presidente del Consiglio che parla in inglese fluente con le leadership mondiali senza inflessioni da giuristi di Volturara Appula e creste politiche di leader abbassate. Era ancora il dicembre scorso quando Draghi vestiva i panni di Thanos l’ineluttabile. Di lì a poco ci sarebbe stata la votazione per la presidenza della Repubblica, una partita giocata non benissimo – a voler essere gentili – dal presidente del Consiglio oggi dimissionario. Telefonate maldestre per cercare di costruire il percorso verso la presidenza della Repubblica, assenza di un grande vecchio della politica a dare consigli per gestire un Parlamento che non è il board della Bce. Tuttavia, nel dicembre 2021, ancora Draghi furoreggiava.

Diciamola fino in fondo: l’ex presidente della Bce ha commissariato i partiti, inizialmente rendendoli irrilevanti, poi prestandosi al gioco della politica, vuoi per convenienza vuoi per altrettanta ineluttabilità, in un Parlamento che è costituzionalmente titolato a votare il governo. Come dimenticare la sostituzione di Domenico Arcuri con il generale Francesco Paolo Figliuolo per la gestione dell’emergenza Covid e la sostituzione, ai Servizi, del prefetto Gennaro Vecchione con Elisabetta Belloni. Per un po’ di tempo Draghi ha potuto esercitare il potere del premier che prende le decisioni e riesce a raggiungere dei risultati. Come gli obiettivi del Pnrr e l’addio al superbonus 110 per cento, che a Draghi non è mai piaciuto anche quando il governo ha trovato i fondi per estenderlo, perché – diceva nella conferenza stampa di fine anno 2021 – queste misure "hanno creato distorsioni", a cominciare da uno "straordinario aumento dei prezzi dei componenti legati alle ristrutturazioni".

La guerra in Ucraina scatenata dalla Russia ha congelato un dibattito politico che sarebbe esploso prima, ma al contempo ha dato argomenti strumentali a Conte, che da marzo a oggi ha fatto partire la sua escalation. Draghi non ha avuto incertezze sulla collocazione internazionale dell’Italia, il marziano alla fine era più umano di certi figli di Putin.