Superenalotto record, a Lodi è caccia al vincitore. Le voci: "Un prete o un bancario"

I titolari del bar: tanti giocatori da fuori

Guglielmo Poggi, Sara Poggi e Marisa Casarini, titolare della ricevitoria a Lodi (Ansa)

Guglielmo Poggi, Sara Poggi e Marisa Casarini, titolare della ricevitoria a Lodi (Ansa)

«Oggi si respira felicità, sembra che abbiano vinto tutti», sintetizza l’ex consigliere comunale Domenico Ossino. D’altro canto, nel caldo della vigilia di Ferragosto che arroventa le pietre dei marciapiedi, l’appuntamento per tutti, anche solo per una sbirciata, è al bar Marino, quello dove l’anonimo giocatore più ricercato della storia ha puntato i suoi due euro incassando il jackpot. Nel locale all’angolo fra via Cavour e via Volturno ci si va per farsi vedere e un po’ per vedere gli altri. Qualcuno recita un detto lombardo: «Ludesàn, làrghi de bùca e stréti de màn» (lodigiani, prodighi a parole e avari). Come a dire che più difficile ancora di trovare il vincitore è fargli scucire anche un quattrino. L’impegno a cercare il fortunato, a tracciarne l’identikit fra i potenziali avventori del bar, dura il tempo di un caffè, di un bianchino ben freddo, magari di una nuova puntata al SuperEnalotto, «perché non si sa mai».

Qui a Lodi, centro borghese e cattolico di una pianura di tanta agricoltura e poca industria, pura e orgogliosa provincia di antica stirpe, con i suoi 45mila abitanti, e una distanza di 25 chilometri a sud di Milano, anzi «32 dal Duomo», come precisa un pignolo, cliente affezionato del caffè, considerano quasi disperata l’impresa di scovare l’eletto, baciato dalla grande riffa nazionale. Inutile dire che qui, dove chi ci vive si conosce almeno di vista e il ritrovo anche per i giovani è rimasto il baretto non lontano da casa, è quanto di più clamoroso sia mai successo, forse dai tempi in cui l’imperatore Federico il Barbarossa fondò ‘Laus’, 861 anni fa. E le ipotesi, naturalmente, si sprecano, sull’onda di una deduzione spinta dalla fantasia. Potrebbe essere un prete uscito dai corridoi lucidi di cera della curia, che sta a cento metri dal bar Marino. O un bancario dell’ex sede centrale della Banca Popolare di Lodi, a una decina di metri. Fatto è che alle 20.30 di martedì, pochi minuti dopo l’estrazione, la notizia aveva già fatto il giro di tutte le case.

L’appuntamento per una trentina di curiosi è stato proprio davanti alle saracinesche di via Cavour. «Scendi! Al Marino hanno fatto il 6», ha urlato un pensionato che in bicicletta si è precipitato per strada per avvisare un amico che vive a una manciata di metri dal locale. Poi, il festoso presidio dei curiosi, anche ieri mattina, ha dato il via all’incruenta caccia all’uomo, subito frustrata. Dal tabaccaio ieri è arrivato anche Antonio Locatelli, tenore ben noto in zona e voce guida da decenni nella parrocchia del capoluogo. Aveva voglia di cantare a squarciagola il ‘Vincerò’. E l’ha fatto, tra gli applausi e l’emozione di molti. Ma è spuntato anche Mario, un altro cliente che qualche anno fa, nel 2012, proprio nello stesso bar aveva realizzato un buona vincita, oltre 120mila euro, tutta data in dote alla figlia, perché potesse vivere, così, un’esistenza serena. Lui, dal 2000, gioca sempre gli stessi numeri che hanno un gran senso nella storia della sua famiglia. Il Bar Marino è già diventato sinonimo di fortuna. E le giocate, già da ieri, sono lievitate. Gli unici che potrebbero essersi fatti un’idea su chi possa essere il vincitore sono i gestori del bar. «Tante persone sono venute a giocare da fuori, attratte dal jackpot così alto», dice la titolare Marisa Caserini, che dirige il bar con la figlia Sara e il marito Guglielmo Poggi. Sono loro che martedì sera alle 22 sono corsi a riaprire, dopo che le serrande erano state abbassate come al solito alle canoniche 19.30. Una enorme, colossale, pazzesca botta di fortuna che è anche l’affare migliore della storia dell’umanità: 209 milioni, 160mila e 441 euro, con una giocata da 2. E c’è chi lancia un appello: «Ho 45 anni e sono invalido al 100% - si legge in un biglietto -. Mia moglie è disoccupata e abbiamo bisogno di una mano per andare avanti».