Summit Onu sul clima: i leader in Egitto. Il rischio è strappare ancora promesse vuote

Sharm el Sheik, la Cop27 si apre con la certezza di risultati insufficienti. Solo 24 Paesi su 194 hanno rispettato il patto di Glasgow. Tagli alle emissioni, riscaldamento tra 2.8 e 2.4 gradi: troppo elevato

La finestra di opportunità di restare entro 1.5 gradi di riscaldamento, come auspicato nell’accordo di Parigi, si sta chiudendo. Così, alla vigilia della COP27 che si apre oggi a Sharm el Sheik, in Egitto, e durerà fino al 18 novembre, l’Unep, l’agenzia per l’ambiente delle Nazioni Unite, sintetizza con efficacia la crescente disparità tra la necessità di contenere entro due gradi, e possibilmente entro un grado e mezzo, il riscaldamento climatico e l’inadeguatezza del monumentale processo negoziale che dopo 28 conferenze (una fu doppia), dal 1994 a oggi ha visto stabilmente crescere le emissioni mondiali (pausa Covid esclusa) e così le concentrazioni di gas in atmosfera.

Cambiamenti climatici: in Italia eventi estremi +42% in un anno

Leader riuniti a Sharm el Sheik per la Cop27 (Ansa)
Leader riuniti a Sharm el Sheik per la Cop27 (Ansa)

Con i tagli alle emissioni fatti finora, avverte l’Unep, il riscaldamento sarà di 2.8 gradi. Se invece verranno implementate tutte le promesse di tagli futuri potrà oscillare tra 2.4 e 2.6 gradi. Sempre troppo. Considerando che il riscaldamento già registrato è di 1.1 gradi, l’obiettivo del grado e mezzo è sostanzialmente andato e per centrare quello dei 2 gradi servirebbe una forte volontà politica, che non si intravede, nonostante domani e dopodomani a Sharm sfileranno 125 tra Capi di Stato e di Governo che – dall’americano Biden al britannico Sunak, dal francese Macron a Giorgia Meloni – davanti ai 40mila tra delegati, giornalisti e organizzazioni non governative presenti faranno la consueta serie di promesse, che sinora si sono tradotte in fatti capaci solo di rallentare un po’ la corsa delle emissioni.

Nel patto di Glasgow di COP26 gli Stati avevano convenuto di adottare impegni più forti, compresi piani nazionali aggiornati con target più ambiziosi (benché sempre volontari). Ma solo 24 su 194 Paesi lo hanno fatto. E così la conferenza tornerà a rincorrere l’obiettivo dei 100 miliardi all’anno per l’adattamento (cifra promessa nel lontano 2009 e mai raggiunta) e affronterà la questione dei loss and damage, cioè dei fondi che i paesi ricchi – sostiene il gruppo dei G77, che raccoglie 134 Paesi – dovrebbero pagare agli altri, più colpiti dai danni legati al riscaldamento climatico. Ma non fisserà nuovi target di riduzione delle emissioni e non produrrà fatti sulla mitigazione. Il quadro è quello che è. Il possibile controllo dei repubblicani del Congresso americano frenerà gli Stati Uniti, mentre la Cina pare più concentrata sullo sviluppo e la Russia è di fatto fuori dal consesso internazionale e rimarrà alla finestra. A rendere ancora più grige le prospettive a breve c’è proprio la guerra in Ucraina, che ha scatenato una corsa al gas e all’utilizzo delle centrali a carbone (che molti Paesi stavano iniziando a dismettere). Certo, a medio termine le rinnovabili – che garantiscono energia pulita e indipendenza energetica – avranno una forte spinta, ma nei prossimi 5 anni la riconversione energetica frenerà e le emissioni continueranno ad aumentare. E il problema è che abbiamo poco tempo.

Nel frattempo i dati sul cambiamento climatico continuano a peggiorare. Il riscaldamento ha superato gli 1.1 gradi e gli eventi estremi colpiscono duro. Secondo i dati dell’European Severe Weather Database, in Italia, nel periodo 1 gennaio-1 novembre, gli eventi meteo estremi , considerando solo quelli verificati, sono passati dai 1.842 del 2021 ai 2.618 del 2022: +42%. Erano 1.026 nell’intero 2018, 531 nel 2016 e 362 nel 2010.

"La correlazione tra eventi estremi-cambiamento climatico – osserva Sandro Fuzzi dell’Istituto di Scienze dell’atmosfera del Cnr – è chiara. L’aumento della temperatura ha cambiato di molto sia la circolazione atmosferica sia il bilancio idrologico. Piove di meno, ma in maniera più concentrata e intensa. La pioggia cade su terreni più aridi del normale, che per questo la assorbono poco, e scorre maggiormente in superficie, aumentando il rischio di alluvioni. In sostanza nel sistema climatico c’è molta più energia, che si scarica in eventi estremi".

Stesso discorso per fenomeni siccitosi – e il 2022, specialmente al Nord, sta vivendo una annata difficile – determinati da uno spostamento delle correnti atmosferiche, in Europa frutto dell’espansione delle alte pressioni africane, che per lunghi periodi salgono alle nostre latitudini e deviano verso nord le correnti atlantiche, che portano pioggia, lasciando a secco il Mediterraneo. Il cambiamento climatico è già qui, ma Sharm si affiderà ancora al mix appelli e promesse, rinviando le azione che servirebbero. Come accade dal 1994.