Sul coprifuoco è battaglia totale Ma c’è l’intesa: a maggio si cambia

Tra due settimane l’orario slitterà oltre le 22. Bocciata l’abolizione proposta da FdI, ma Lega e FI non votano

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di Elena G. Polidori

"Non si può andare avanti in questo modo; vado da Draghi, informo il premier. Questa situazione è da irresponsabili...". Federico D’Incà, ministro 5 Stelle dei Rapporti con il Parlamento, a un certo punto della convulsa giornata di ieri, è sbottato contro Lega e Forza Italia decise a utilizzare il tema del coprifuoco, approvato solo poche ore prima in Consiglio dei ministri (seppur con uno strappo), come arma per indebolire il governo ma soprattutto per ’colpire’ il ministro della Salute, Roberto Speranza, contro cui oggi si consumerà anche il voto sulla mozione di sfiducia presentata da Giorgia Meloni. E alla fine di una lunga mediazione, è stato bocciato alla Camera l’ordine del giorno (223 contrari e 43 a favore, ma i contrari sono tutti di Pd e Leu) presentato da Fd’I che puntava all’abolizione del coprifuoco. E che Lega e Forza Italia per qualche ora hanno pure minacciato di votare.

Così il ministro D’Incà ha fatto da mediatore, riuscendo faticosamente a portare a casa il testo di un nuovo documento, sottoscritto da tutti i partiti di governo, che supera quanto contenuto nel decreto Covid, ma andando un po’ oltre con l’indicazione del mese di maggio come spartiacque per decidere sulle nuove aperture, "anche rivedendo i limiti temporali di lavoro e spostamento" (ovvero l’orario del coprifuoco), ma sempre sulla base dell’andamento del quadro epidemiologico. In sostanza, il governo prende l’impegno nero su bianco a rivedere il coprifuoco, ma Lega e Forza Italia non sono sembrate soddisfatte del tutto; al momento del voto sono uscite dall’Aula. Un segnale di una spaccatura politica profonda, che in seguito potrebbe diventare pericolosa per Draghi, soprattutto a ridosso delle prossime elezioni amministrative di ottobre quando c’è chi giura che Salvini potrebbe anche "voler avere le mani libere".

Dell’abolizione del coprifuoco il leader della Lega ha fatto il suo provvedimento-bandiera (e ha costretto i suoi ministri ad astenersi sul decreto riaperture), ma se ieri la Lega si fosse schierata con Giorgia Meloni avrebbe marcato una distanza con gli altri partiti che sostengono Draghi, se si fosse espressa per il sì o per no avrebbe aperto una frattura nel centrodestra. Di qui la necessità di trovare una soluzione cerchiobottista, con la riformulazione di un nuovo ordine del giorno che prevede, appunto, la sparizione del coprifuoco in termini meno perentori con un tagliando a metà maggio. Di strappo in strappo, dunque, c’è chi, nel Pd come dentro il M5s, parla ormai di "Vietnam quotidiano preoccupante", come è emerso chiaramente dalle parole di fuoco lanciate ieri in Aula dalla capogruppo dem Debora Serracchiani. "Non può esserci una maggioranza a’ la carte – ha incalzato – che decide se stare dentro o fuori, che non affronta con coraggio, unita e coesa il difficile momento". La risposta di Salvini, a distanza, è stata esplicativa: "Essere al governo significa poter incidere, se stasera qualcuno va al ristorante è perché la Lega ha insistito. Stare al governo con Franceschini, Speranza e Zingaretti non è semplice, ma oggi è una giornata e felice e ne vale la pena. È stata una scelta comune che fino a poco fa sembrava impossibile, invece ci abbiamo messo tutta la buona volontà. Grazie all’impegno di Lega e Forza Italia, il governo ha accettato di rivedere la posizione sul coprifuoco".

Già, Speranza. Il ’Capitano’ non ha mai fatto mistero di puntare alla testa del ministro rigorista, tanto che ieri, interrogato sulla mozione di sfiducia di oggi, ha usato parole sferzanti: "Prima voglio fare una chiacchiera con il sottosegretario Sileri di cui ho enorme stima, grande fiducia e quindi prima di decidere voglio sapere come ha lavorato e sta lavorando con Speranza. Mi affiderò anche ai suoi ragionamenti e alle sue parole".