Giovedì 25 Aprile 2024

Sul clima le tifoserie non servono

Pierfrancesco

De Robertis

Eravamo tutti virologi e adesso ci siamo tutti scoperti climatologi. Con una singolare sovrapposizione di orientamenti politici e culturali. Facciamoci caso: chi era per la mascherina sostiene in larga parte la necessità di una dura lotta al cambiamento climatico, colpa indelebile dell’uomo moderno; chi si era schierato contro un’eccessiva proliferazione dei divieti, sul clima sostiene che siamo di fronte a "cicli perfettamente naturali". Un distinzione almeno in apparenza curiosa, perché ripropone su temi diversi analogie comportamentali che si rifanno a retroterra valoriali simili. In questo caso al peso diverso attribuito alla scienza, assunta o meno a metro di tutto. Derby antico tra scientismo e antiscientismo, illuminismo e romanticismo. In questo caso anche con vaghe analogie politiche: no-vax e no-clima più a destra, gli altri più a sinistra. Il punto è però notare adesso come ambedue gli approcci mostrino le corde. Un antiscientismo che nega il peso dei cambiamenti climatici è al di fuori della realtà, ma pure uno scientismo che incolpa l’homo sapiens di tutte le nefandezze, quasi a rivendicare la purezza di una natura primordiale è fuori dal tempo, trasformandosi in un eco-fascismo fine a se stesso. Greta Thunberg che va in America in barca a vela per non inquinare o Fulco Pratesi che non si lava per non consumare troppa acqua sono due dei punti estremi di questa sensibilità. Il progresso avrà riscaldato il pianeta più di quanto pensavamo, ma ha anche sconfitto le malattie e assicurato migliori condizioni di vita a tutti. Tra i due estremi c’è quindi lo spazio per la politica, che per fortuna quando sa fare il suo lavoro è arte più elevata, anche se complessa, delle ideologie. Quella che deve governare lo sviluppo e non subirlo, e immaginarsi un domani migliore di quello di adesso. Purtroppo sul clima per adesso non ci stiamo riuscendo. Ma la via per arrivarci non sono le tifoserie.