Sui social a caccia di falsi modelli "Sì, il lockdown pesa sui giovani"

Nunzia Ciardi, capo della polizia postale: "Molti danno sfogo all’aggressività"

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Dottoressa Ciardi, i reati on line sono cresciuti a dismisura durante la pandemia. In particolare, negli ultimi tempi sta diventando una pericolosa abitudine quella dei ragazzini di sfidarsi in chat per poi dare vita a maxi risse per strada.

"Sì, questa è una delle declinazioni dell’uso sbagliato del web che ha tantissime altre implicazioni – risponde il direttore della polizia postale, la dottoressa Nunzia Ciardi (foto) –. Il lockdown, duro o soft che sia, soprattutto per i giovani ha un ruolo decisivo, molti elaborano male questo momento e danno sfogo all’aggressività così".

Il prolungarsi dell’assenza di scuola, sport, contatti affettivi e svago, lascia i ragazzi in preda degli smartphone.

"È un momento difficile, manca ogni dimensione per i giovani e stanno tutti più connessi. Tutto quello che è patologia del social adesso viene esasperato".

Le risse ci sono sempre state e sempre ci saranno. Ma il web sta cambiando fisionomia al questo fenomeno?

"I social sono formidabili amplificatori dei comportamenti dei ragazzi. Attraverso le piattaforme virtuali un evento come una rissa diventa un modello perché dilaga, generando fenomeno emulativi molto pericolosi. Una volta chi voleva fare a botte, col telefono ne chiamava al massimo 10, ora possono radunarsi in mille".

I colossi del web come possono aiutare le vostre indagini?

"La polizia postale ha un canale di comunicazione diretta: i social sono attenti a non fare dilagare fenomeni rischiosi segnalandoli e contenendoli. Se cento giovani on line si danno appuntamento per una rissa, attraverso una chat privata – anche se composta da decine di partecipanti – è molto difficile controllare".

La politica spesso chiede a voi investigatori di intervenire e interrompere sul nascere un focolaio on line di rissa.

"Quando intercettiamo una situazione allarmante, parte il monitoraggio e spesso riusciamo a interrompere in tempo determinati fenomeni. Prevenzione, controllo, repressione sono quotidiani, ma non bastano".

Cosa serve?

"Una nuova prospettiva culturale, educativa. Ci si deve interrogare su come scuola, famiglie e istituzioni possono diventare la bussola di ragazzi altrimenti a rischio".

Il linguaggio dei giovani è molto distante da quello degli adulti. Voi che lavorate h24 sulle comunicazioni (in Rete), inquadrate questo scollamento nella dicotomia giovani-adulti?

"I ragazzi affidano la comunicazione quasi esclusivamente ai social, così anche i modelli derivano dai social e di conseguenza si esiste solo documentando le ’imprese’ on line. I social stanno diventando l’unico punto di riferimento, è una questione seria. Così ci si misura nelle risse, nell’uso della forza, della prevaricazione".

Alessandro Belardetti