Migranti, scontro Italia-Francia. La Ue cerca una via di uscita

Bruxelles vuole una riunione dei ministri dell’Interno: "Va evitato il braccio di ferro pubblico tra due Stati". Mattarella: "Si punti su scelte condivise"

E alla fine, Bruxelles batte un colpo. Irritata sia con l’Italia sia con la Francia, l’Unione europea cerca una via d’uscita dallo scontro sui migranti trasformatosi di botto in crisi diplomatica: ecco perché annuncia di lavorare a "un piano d’emergenza" sul tema e chiede una riunione straordinaria dei ministri dell’Interno, prima del Consiglio di dicembre. "Non possiamo permettere che due stati si scontrino in pubblico e creino un’altra mega crisi", dice il vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas. Per il governo italiano, che punta a una soluzione condivisa, si tratta di una strada in linea di principio percorribile.

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Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

E gli altri partner europei? Se Madrid sottolinea, con il ministro degli esteri José Manuel Albares, che gli sbarchi "devono avvenire nel porto più sicuro", getta acqua sul fuoco la Germania, che – al pari di Lussemburgo, Olanda, Portogallo – non accoglie l’invito francese a cancellare i ricollocamenti. "Rispetteremo gli impegni finchè lo fa Roma". Conferma che prenderà i 3.500 immigrati come stabilito, ma – tramite il suo ambasciatore a Roma, Viktor Elbling – ricorda che il nostro Paese "fa tanto" ma Berlino e Parigi di più: "I richiedenti asilo in Germania sono stati 154.385 tra gennaio e settembre 2022, 110.055 in Francia, 48.935 l’Italia". Lo stesso capo dello Stato, Sergio Mattarella, pur non rinunciando a percorrere una strada di moral suasion (per ora interna, in attesa magari di una telefonata con il presidente francese), aveva sollecitato da Maastricht l’intervento europeo: "Quella dei migranti è una sfida che si vince solo con la solidarietà Ue", esortando tutti ad abbassare i toni. D’altra parte, le diplomazie si stanno dando da fare per arrivare a un incontro tra Giorgia Meloni ed Emanuel Macron al G20 di Bali, la prossima settimana.

Insomma qualcosa per rimettere a posto i cocci si muove, al termine di una giornata iniziata sotto pessimi auspici. Con la ministra transalpina agli Affari Europei, Laurence Boone, che parlava di "rapporto di fiducia" tra i due Paesi rotto, come dimostrano i 500 gendarmi schierati dai francesi per blindare i confini con l’Italia. A risponderle per le rime la premier che – incassato l’endorsement del presidente del Ppe, Manfred Weber, la cui visita a Palazzo Chigi è capitata in un momento cruciale – usa parole ben più calibrate di quanto non sembri difendendo la decisione di non far entrare in porto la Ocean Viking (che ieri ha attraccato a Tolone) e mettendo in evidenza i numeri. Confrontando cioè i "230 migranti della prima nave di una Ong approdata in Francia" con i "90mila che l’Italia ha fatto entrare quest’anno". Quanto ai ricollocamenti "ce ne sono stati 117 sugli 8mila concordati, appena 38 in Francia: qualcosa non va". Tira un po’ la realtà quando afferma che "non è scritto in nessun accordo che il Paese debba essere l’unico porto di sbarco", visto che è nel trattato di Dublino firmato da Silvio Berlusconi, in compenso è attentissima a non forzare i toni nei confronti del governo francese la cui reazione definisce "aggressiva, incomprensibile e ingiustificata".

Il messaggio per Macron passa per la ricostruzione dell’incidente: ho appreso la notizia della disponibilità da fonti di stampa, spiega, poiché per ore non è stata smentita, abbiamo fatto una nota di apprezzamento come gesto distensivo. All’origine del fattaccio ci sarebbe proprio quel "ringraziamento" che poteva suonare come una conferma dell’accordo raggiunto in Egitto, ciò che Macron, pressato da Marine Le Pen e da esponenti della sua maggioranza, voleva evitare. Senza contare la ciliegina avvelenata piazzata sulla già indigesta torta da Salvini con le sue incaute dichiarazioni che facevano apparire la Francia sconfitta. Allo stesso tempo, Giorgia conferma l’intenzione di proseguire sulla linea dura: "Il governo sta studiando nuovi provvedimenti". Una nuova lista dei paesi sicuri, una restrizione delle regole di protezione ma il piatto forte dovrebbe essere colpire le navi delle Ong con il sequestro oppure con le multe.

Ecco: per evitare che un incidente diplomatico di portata limitata si trasformi in una spina nel fianco dell’Unione europea nel momento peggiore, quando si tratta di fronteggiare un inverno molto difficile sul fronte della crisi energetica e di riscrivere il patto di stabilità, c’è bisogno che ad uscire dal suo eterno immobilismo sia proprio l’Europa.