Bruno
Vespa
Me li ricordo bene, i terremoti del ’76 in Friuli e dell’80 in Campania. Intervistai Giuseppe Zamberletti, inventore della Protezione civile, camminando sulle macerie della cattedrale di Gemona. La Campania nell’80 fu un incubo. Tremila morti contro i mille del Friuli. Soccorsi pessimi, i miei collegamenti serali erano un cumulo di frustrazioni. In Friuli conobbi sindaci meravigliosi e anche in Campania ho uno splendido ricordo di Rosanna Repole, sindaco di Sant’Angelo dei Lombardi. Qualche anno dopo il terremoto, il Friuli da povero era diventato ricco. La Campania no. Il sistema politico, salvo eccezioni, dette il peggio di sé nella ricostruzione, la camorra ingrassò. Nacquero i “villaggi modello” di Scampia e di Caivano: abbiamo visto i risultati e meno male che almeno a Scampia il desiderio di cambiare ha fatto recentemente passi in avanti.
A Caivano non c’è stato nessun terremoto, ma la gente vuole scappare ugualmente, per evitare che i figli vengano prima crocifissi dagli abusi e poi diventino delinquenti. In genere, il successo o l’insuccesso di una legislatura vengono misurati con occupazione, Pil e quant’altro. Se posso usare un paradosso, personalmente misurerò quella di Giorgia Meloni con quanto il governo riuscirà a fare a Caivano. Il presidente del Consiglio non è andato per complimentarsi con un bravo prete e a dare pacche sulle spalle. È sceso nel paese elevato suo malgrado a simbolo negativo dell’Italia con un cronoprogramma preciso. Il primo appuntamento è la riapertura in primavera del centro sportivo chiuso nel 2018 dopo l’abbandono di anni e tuttora esempio di degrado (vi fu trovato un cadavere) di violenza e di spaccio. E insieme nuove scuole, nuovi docenti, battaglia disperata contro i genitori che non vogliono mandare i figli in classe. Noi non sappiamo se il governo Meloni ce la farà. Ma se ce la facesse, la rinascita di Caivano varrebbe simbolicamente l’intera legislatura.