Giovedì 18 Aprile 2024

Stupro Catania, Salvini: "Castrazione chimica per quei vermi"

Il ministro dell'Interno: "Nessuno sconto, certezza della pena"

Matteo Salvini (Ansa)

Matteo Salvini (Ansa)

Catania, 27 marzo 2019 - Linea durissima di Matteo Salvini sul caso dello stupro di gruppo nei confronti di una donna americana a Catania. "Nessuno sconto - dice il ministro dell'Interno - per i vermi violentatori".  Ma "certezza della pena e castrazione chimica!".  Nel pomeriggio il vicepremier precisa che la castrazione chimica "non è una legge inserita nel contratto di governo". E sottolinea: "Si chiama blocco androgenico e noi della Lega la proponiamo da almeno vent'anni contro gli stupratori". 

LA VICENDA / Stuprata dal branco dei palestrati - di NINO FEMIANI

Per manifestarle il loro compiacimento e vantare un presunto senso di impunità le postano sul telefonino il video dello stupro, subìto il giorno prima, corredato da una didascalia beffarda: "Che dici, ci riproviamo?". Tre giovanissimi catanesi sono in carcere per una violenza di gruppo nei confronti di una babysitter di 19 anni, originaria degli Stati Uniti, a Catania da tre mesi, ospite ‘alla pari’ presso una famiglia etnea. La sera del 15 marzo la 19enne esce in compagnia di un’amica e si ferma a bere una birra a un bar dalle parti del Teatro Massimo, una delle zone più centrali e affollate della movida catanese.

Le due giovani amiche discutono tranquillamente fino a quando non vengono interrotte da un terzetto di giovani palestrati, uno dei quali è conosciuto dall’amica, arrivati a bordo di un’automobile. Bevono un drink, poi un secondo, si ride tanto, l’americanina suggella l’incontro con un breve video che intende inviare alle amiche in America. Ha alle spalle una molestia subita negli States, l’aria di Catania le sembra quella giusta per dimenticare l’orrore del passato. Poi i tre – R. M., 20 anni, S. C. e A. S. di 19 anni (che vanta 4mila amiche su Facebook), tutti incensurati, tutti ossessionati dal culto dei muscoli – chiedono alle ragazze di spostarsi verso i lidi, in una gelateria dove aveva lavorato A. S.

L’a declina l’invito, ha un altro appuntamento e lascia la baby sitter in compagnia dei tre che ritiene ‘bravi ragazzi’, due fanno i netturbini, il terzo è studente in una scuola professionale. Una volta in macchina, la comitiva si dirige verso il lungomare di Ognina, meno di dieci minuti. E qui, dopo essersi appartati, fumano una ‘canna’ che offrono alla ragazza americana. Lei rifiuta, dice che vuole tornare a casa, ma viene spinta con forza sul sedile posteriore e minacciata. Cerca di chiamare un amico, telefona ben 11 volte al 112 senza mai parlare con l’operatore (e una volta il 911 il numero di pronto intervento americano), ma resta in balia dei tre bruti. Che iniziano a violentarla a turno, riprendendo la terribile scena con uno smartphone. Un video da esibire come un trofeo, come fa uno di loro quando si presenta un’ora dopo in un pub e si vanta con l’amico barista: "Ce la siamo caricata e ce la siamo fatta".

La giovane torna a casa, è umiliata, stordita, sconvolta. Le sembra di vivere un incubo, essere di nuovo ripiombata nell’atrocità del passato. La mattina dopo telefona in lacrime, negli States, alla mamma e alla sorella che le consigliano di denunciare. Negli stessi minuti, sul telefonino della ragazza arriva il filmato dello stupro con la sfacciata richiesta: "Lo rifacciamo?". A questo punto la diciannovenne, che non parla l’italiano ma lo comprende, si confida con la famiglia ospitante che contatta un carabiniere amico.

La ragazza si reca nella caserma di Piazza Verga e, con l’aiuto del pm Andrea Ursino, ricostruisce ogni dettaglio, identificando gli autori del reato grazie ai due filmati: quello ripreso dalla ragazza al bar e quello inviato dal branco. L’accusa nei loro confronti è quella di violenza sessuale di gruppo, i tre si trovano rinchiusi nel carcere di piazza Lanza, con un fermo confermato dal gip.

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