Giovedì 18 Aprile 2024

Stretta sugli sconti Valgono oltre 40 miliardi

Il piano del governo per finanziare la riforma delle aliquote Irpef

Già il nome, tax expenditures, sembra essere stato scelto apposta per disorientare. Letteralmente si chiamano spese fiscali: sono gli sconti che, con la forma di deduzioni o detrazioni, consentono ai contribuenti di pagare meno tasse su determinati prodotti o servizi. Solo che negli anni c’è stata una vera e propria rincorsa all’ultima tax expenditures tanto che, fra il 2016 e il 2022 le voci sono aumentate di oltre il 40% con 182 nuovi sconti. È un pacchetto di oltre 626 voci che vale oltre 150 miliardi. Sconti, si legge nella relazione del 2022 della Commissione sulle spese fiscali del Mef, "frammentati e utilizzati per finalità politiche e di scambio con i vari gruppi di interesse".

Non a caso, tutte le volte che un governo ha deciso di mettere mano alle spese fiscali i tentativi di riforma si sono infranti. Ma, questa volta, il piano è inserito nel più generale progetto di riordino del fisco ed è agganciato, indirittamente, anche al Pnrr. Ed è proprio qui che il governo vuole far calare la sua scure per trovare le coperture necessarie a finanziarie la riduzione da 4 a 3 delle aliquote Irpef e delle imposte sulle imprese. L’intervento dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 40 miliardi di euro. Soldi che sarebbero necessari anche per garantire un principio di equità e di progressità nella riforma del fisco. Due le ipotesi: nella prima ci sarebbe uno scaglione del 27% fino a 50 mila euro e un’imposta al 43% per i redditi oltre i 50mila euro. Nella seconda, lo scaglione intermedio arriverebbe a 50mila euro con un’Irpef al 33%. Il problema è che se passasse l’ipotesi del 27%, ci sarebbe una penalizzazione per i redditi fino a 34mila euro.

Per evitare un aggravio delle imposte proprio sul ceto medio, il governo sta studiando un meccanismo di redistribuzione che farà leva sul riordino delle detrazioni. Per molte, infatti, scatterebbe una sorta di calcolo forfettizzato ma legato al reddito, fino a un progressivo azzeramento (si parla di 120mila euro) per chi guadagna di più. Non sarebbero toccate, però, le detrazioni più importanti, come gli sconti fiscali per l’acquisto della prima casa o per le spese mediche: due voci che da sole valgono circa 7 miliardi di euro di incassi in meno per l’erario. Salvi anche gli sconti sulle spese scolastiche. Ma parecchie categorie che oggi godono di detrazioni finirebbero per pagare più tasse. È il caso dei piccoli autotrasportatori, che prederebbero lo sconto fiscale sul gasolio di 0,21 euro al litro. Il rischio, in questo caso, è che l’erario con una mano dia e con l’altra prenda. Accanto a misure "popolari" ce ne sono, però, molte altre che coinvolgono poche migliaia di contribuenti. Come ad esempio quella dell’accisa sull’alcol etilico prodotto da piccoli alambicchi o l’aliquota Iva ridotta al 5% per i tartufi freschi o refrigerati. Poi potrebbero essere cancellate una serie di deduzioni e detrazioni varate durante il periodo del Covid, a partire dalla riduzione dell’Iva al 5% per una serie di presidi sanitari che erano necessari per fronteggiare l’epidemia. Escluse dal perimetro dei tagli, invece, tutti quegli sconti (come ad esempio relativi al lavoro dipendente) che servono per assicurare i principi di equità e di progressività al nostro sistema fiscale.

Antonio Troise